La sicurezza e le frodi. Sono queste le due incognite delle elezioni con cui oggi in Afghanistan verrà scelto il successore di Karzai e i rappresentanti dei 34 consigli provinciali. Due elementi che si rafforzano a vicenda, perché dove c’è più insicurezza è più facile manipolare il voto, facendo comparire «voti fantasma» o scomparire quelli sgraditi. Quello di oggi si annuncia come un voto fortemente differenziato per aree geografiche: scarsa partecipazione nelle province meridionali e soprattutto orientali, al confine con il Pakistan, dove più radicali sono i movimenti antigovernativi e più concrete le loro minacce. Maggiore nelle province settentrionali e in quelle centrali. A questa spaccature – che rischia di sotto-rappresentare il voto della comunità pashtun, maggioritaria proprio nelle aree turbolente – si aggiunge quella tra centri cittadini e aree rurali: nei primi il voto sarà «libero», anche se prevalentemente orientato in base all’appartenenza etnico-comunitaria, nelle seconde il voto sarà spesso condizionato dalle pressioni dei comandanti locali.
La Commissione elettorale indipendente (IEC) ha fatto sapere di aver registrato circa 350.000 osservatori. Una cifra che include quelli stranieri e quelli locali, così come i membri degli staff elettorali dei candidati presidenziali. Secondo le stime dell’IEC, per queste elezioni sono state rilasciate 3.7 milioni di nuove carte elettorali, che si aggiungono ai 21 milioni di carte rilasciate nelle tornate precedenti. I conti però non tornano, spiega Martine Van Bijlert dell’Afghanistan Analysts Network di Kabul: gli afghani sono circa 27 milioni, di cui il 60% sotto i 20 anni. Il numero di cittadini con il diritto di voto – quelli sopra ai 18 anni – è pari a 13.5 milioni. Se le carte rilasciate sono 21 milioni, ce ne sono 7 milioni e mezzo di troppo. In assenza di un registro elettorale nazionale, sarà dura per chi dovrà contare i voti e attestarne l’autenticità.