Alla fine Federico Ghizzoni sarà ascoltato dalla commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche. La commissione ha votato per la sua convocazione all’unanimità. E’ stato il Pd stesso, dopo l’opposizione iniziale, a invertire la rotta, resosi conto che opporsi all’audizione dell’ex ad di Unicredit sarebbe suonato come un’ammissione di colpa.

Così alcune ore prima della riunione dell’ufficio di presidenza convocato per le 18 Matteo Orfini, presidente del partito e capogruppo in commissione, annuncia la sterzata. Si affida a un post che suona come un rullo di tamburi guerreschi sin dal titolo: «Venga Ghizzoni, venga chiunque. Sfidiamo tutti». Il prosieguo è sullo stesso tono: «Non abbiamo problemi a chiamare Ghizzoni perché né la Boschi né altri esponenti del governo hanno mai esercitato alcuna pressione. Mi dispiace per De Bortoli, che ieri era in tv a dire che il Pd si oppone all’audizione di Ghizzoni. Ha un rapporto travagliato con la verità».

In realtà il rapporto «travagliato» con la realtà sembra averlo il Pd, dal momento che era stato proprio il vicepresidente della commissione targato Nazareno, Marino, a bocciare l’audizione di Ghizzoni e nei colloqui con Casini di martedì sera avevano posto come condizione una serie di audizioni aggiuntive il cui intento sabotatorio, nei tempi ormai ristrettissimi della commissione, pareva evidente. Come scrive lo stesso Orfini: «Abbiamo chiesto di audire i manager delle banche venete, il procuratore di Treviso, il pm Ghedini, i ministri dei governi precedenti a partire da Tremonti. Venga Ghizzoni e vengano gli altri».
Quasi tutte le richieste del Pd sono già state accolte anche se le modalità delle sedute con i vertici delle banche venete, Zonin ex Popolare Vicenza, e Consoli, ex Veneto Banca, verranno decise solo oggi. Orfini ha anticipato che il voto del Pd sarà a favore di audizioni pubbliche. Sempre nei giorni precedenti la pausa di Natale, entro il 22 dicembre, arriveranno anche le audizioni degli ex ministri dell’Economia Tremonti, Grilli e Saccomanni. Ma a questo punto la seduta più attesa, quella da cui dipenderà l’esito della partita mediatica e propagandistica, sarà quella di Ghizzoni. Per Renzi già questa è una sconfitta. Il percorso di guerra prevedeva un crescendo che avrebbe dovuto raggiungere il culmine con le audizioni di Giuseppe Vegas per Consob e del governatore Ignazio Visco per Bankitalia, in veste di imputati. Il caso Ghizzoni ha rubato la scena.

La preoccupazione del Pd sembra tangibile anche nelle parole della più diretta interessata, che mette le mani avanti: «Ascoltare Ghizzoni è un elemento positivo. Se dirà la verità sarà un bene per tutti. Lo ho incontrato pubblicamente più volte e ovviamente la discussione può essere stata sulle problematiche del mondo bancario. Ma dire che ho fatto pressioni perché Unicredit acquistasse Banca Etruria non è vero. Ghizzoni o De Bortoli dimostrino il contrario». Tra le righe traspare l’allarme, come se la sottosegretaria si preparasse, a ogni buon conto, ad accusare l’ex ad di mentire ove dovesse confermare la versione di Ferruccio De Bortoli. La parola dell’uno contro quella dell’altra e come si fa a dire con certezza quale dei due mente?

La settimana prossima il Pd tenterà di recuperare le posizioni perdute in seguito alla reticenza, in buona o cattiva fede che fosse, del pm di Arezzo Roberto Rossi sulla nuova indagine a carico di Boschi padre. Dunque moltiplicherà la già elevatissima potenza di fuoco contro gli istituti di vigilanza che, comunque vada a finire il caso Boschi, escono demoliti dalla commissione. Ma agli occhi di un’opinione pubblica in procinto di trasformarsi in elettorato a fare la differenza saranno soprattutto le parole di Federico Ghizzoni.

Gli scopi elettorali che sin dall’inizio facevano premio in una commissione convocata apposta occuperanno così l’intera scena, a danno di una inchiesta che non avrebbe dovuto svolgersi a un passo dal voto.