A Tulsa, in Oklahoma, dove Donald Trump ha tenuto il suo primo comizio da quando ha ammesso l’esistenza del coronavirus, una guardia privata di un motel ha ucciso un uomo afroamericano che vi aveva pernottato, il 36enne Carlos Carson, con un colpo di pistola alla testa.

L’omicidio risale al 6 giugno, ma la vicenda è andata oltre i confini cittadini proprio a causa del comizio di Trump e del video della videocamera di sorveglianza che tanto il Washington Post quanto The Guardian hanno reso pubblico.

Durante la notte, l’auto di Carson era stata vandalizzata; l’uomo se ne era lamentato con il direttore del motel e con la sua guardia di sicurezza privata armata, Christopher Straight, caucasico. Dopo aver spruzzato dello spray urticante sul volto di Carson, che aveva reagito rovesciando sulla guardia il caffè che aveva in mano, Straight ha estratto la pistola e ha sparato a Carson alla testa.

Questo ennesimo episodio è avvenuto proprio nel mezzo di un’ondata di proteste per i diritti civili degli afroamericani che ha risvegliato la coscienza collettiva in tutti gli Stati Uniti, e alla vigilia di un comizio che la comunità afroamericana di Tulsa non ha preso con gioia. Tulsa è un punto di riferimento per il dolore dei neri americani, Greenwood Avenue è il sito di uno dei peggiori attacchi razzisti d’America e il 18 giugno si celebra Juneteenth, la festa che commemora l’emancipazione degli schiavi neri in Texas. La fine di un massacro secolare.

Decidere di portare migliaia di suprematisti bianchi in quella città, a ridosso di quella data, non è una scelta casuale. Oltre all’elemento simbolico c’è anche quello pratico: l’Oklahoma è uno degli Stati più colpiti dalla pandemia che miete vittime più nella comunità afroamericana che in quella bianca.

Per impedire il comizio le comunità avevano chiesto alla Corte suprema locale di bloccare l’evento, ma l’istanza è stata respinta. Al comizio di Trump non è richiesto l’uso della mascherina, Trump stesso si è rifiutato di indossarla in quanto «incontro tantissime persone al giorno senza indossarla e sono ancora qui», come ha dichiarato al portale di notizie Axios.

Oltre a ciò Trump ha iniziato anche a ridicolizzare la necessità di osservare la distanza sociale che, chiaramente, non viene incentivata al suo comizio. Per assistere all’evento bastava compilare un modulo online nel quale i partecipanti si impegnavano a non denunciare Trump o il partito repubblicano in caso dovessero contrarre il virus durante il comizio.

Questo bagno di folla è la speranza a cui Trump si sta attaccando mentre è in discesa nei sondaggi e la pandemia sta colpendo gli stati governati dai repubblicani mentre quelli democratici hanno ormai recuperato terreno, appiattito le curve e viaggiano attraverso stadi di riaperture coordinate per regioni.

Il declino di Trump, cominciato con le elezioni di midterm del 2018 ha subito un’accelerata imprevista a causa dell’emergenza sanitaria favorendo il suo rivale Joe Biden che, come dicono gli analisti politici Usa, sembra non debba fare tutto che arrivare vivo a novembre. Davanti al luogo del comizio di Tulsa il merchandising elettorale è ancora quello del 2016 con magliette anti Hillary e adesivi contro Obama.

Prima del comizio Trump ha voluto chiarire che dove va, comunque, comanda lui, e che a un suo comizio dimostrazioni di dissenso non verranno tollerate. «Qualunque dimostrante, anarchico, agitatore, saccheggiatore o farabutto stia andando in Oklahoma – ha scritto Trump su Twitter – cerchi di capire che non sarà trattato come lo è stato a New York, Seattle o a Minneapolis. Sarà una scena molto diversa!»