Il tema oggi non è solo quando ripartire, ma come utilizzare ogni giornoche passa per condividere, da subito, lavoratori, imprese e fornitori una nuova organizzazione del lavoro all’altezza della sfida sociale e sanitaria che ci attende. Non si tratta solo di applicare gli specifici protocolli per garantire distanze e Dpi, ma di modificare orari di lavoro, processi produttivi, carichi.

Si tratta di ripensare gli stessi macchinari e gli stessi ambienti di lavoro in funzione di modalità e tempi diversi (dall’arrivo delle materie prime, alla loro lavorazione, al loro assemblaggio), mettendo la tecnologia al servizio di minori carichi, ma più flessibili e articolati. Si tratta di digitalizzare le varie fasi produttive, con un investimento tecnologico e formativo massivo, in un quadro di regole, diritti individuali e collettivi, che per le figure impiegatizie e operaie redistribuiscano in modo diverso anche doveri ed impegni.

Mai come oggi diviene strategico investire di più sulle relazioni industriali, scommettere di più sulla partecipazione dei lavoratori alle scelte aziendali, dando attuazione all’articolo 39 (rappresentanza) e 46 (partecipazione) della Costituzione.

Dobbiamo dar vita, già in queste ore, a veri e propri Comitati Aziendali per la Ripartenza (Car), dove Rsu, Rls, esperti esterni, impresa possano iniziare a preparare una trasformazione dell’ambiente di lavoro e del modo di lavorare, senza precedenti. Pronti come Sindacato a fare la nostra parte, a costruire, attraverso la partecipazione, proposte specifiche, ma anche un grado di impegno e di sforzo perché la ripresa è interesse dei lavoratori e perché questa sfida si vince solo valorizzando, in termini di carriera e di riconoscimenti, professionalità e capacità di adattamento.

Sarà centrale la contrattazione nazionale per definire linee guida, ma soprattutto forme di contrattazione sempre più articolate, per azienda, territorio, filiera.

Su «cosa e come fare» e non solo sul «quando riaprire» dobbiamo sfidare quindi le aziende, per un confronto di merito, che chiami il meglio delle nostre esperienze sociali, economiche e tecniche ad un sforzo di confronto e collaborazione. Da questa crisi usciremo cambiati: se in meglio, valorizzando lavoro e nuovi modelli produttivi (anche più sostenibili) e quindi anche vecchie e nuove tutele, dipenderà dalle nostre capacità, dal nostro essere classe dirigente.

Le lavoratrici e lavoratori italiani, le loro organizzazioni, pur con difetti e contraddizioni, anche in queste ore stanno dimostrando di esserlo. Siamo certi che tanti imprenditori e rappresentanti istituzionali potrebbero accettare questa sfida. Noi faremo di tutto, perché sia così.

* segretario generale Fillea Cgil