L’ex capo dell’Fbi, James Comey, ha sferrato un attacco duro e personale contro Donald Trump durante la prima delle interviste promozionali per il suo libro di memorie A Higher Loyalty trasmessa dall’emittente televisiva Abc. A maggio dello scorso anno il repubblicano Comey, mentre guidava l’inchiesta sul Russiagate dell’Fbi, era stato bruscamente licenziato da Trump, ufficialmente perché non era all’altezza del compito, secondo la testimonianza di Comey perché non abbastanza duttile sulla questione russa. Durante l’intervista condotta dal giornalista George Stephanopoulos e filmata nella casa di Comey in Virginia, l’ex numero uno dei federali non si è risparmiato nessuna dichiarazione: ha definito Trump «moralmente inadatto a essere presidente», un uomo che «tratta le donne come carne», un bugiardo seriale, paragonando questa presidenza a «una foresta in fiamme che può fare enormi danni ai valori fondanti del nostro Paese».

Comey ha anche affermato che la Russia potrebbe avere materiale per ricattare il presidente americano: «Mi sembra assurdo dirlo ma io non so se l’attuale presidente degli Stati Uniti sia stato con delle prostitute che urinavano una sull’altra. È possibile, ma non lo so». Il riferimento è a un presunto video del 2013 citato nel dossier dell’ex spia britannica Cristopher Steel in cui si vedrebbe Trump in un hotel di Mosca con alcune prostitute che urinano sul letto dove avevano dormito Barack e Michelle Obama, video che sarebbe in mano ai russi.

Riguardo reati per cui Trump potrebbe essere incriminato Comey ha dichiarato che un suo specifico incontro con il presidente potrebbe essere la prova di un’ostruzione alla giustizia, quello in cui The Donald dopo una riunione della Casa Bianca ha fatto uscire tutti i presenti, tranne Comey, per chiedergli di abbandonare le indagini dell’Fbi su l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn.

Alle domande riguardo al suo licenziamento Comey ha risposto che gli era sembrata una follia essere licenziato proprio mentre stava investigando su i russi. «Quando poi nella stessa settimana ho visto le notizie in cui Mr. Trump aveva incontrato funzionari russi nello studio Ovale chiamandomi «balordo» – ha continuato – «la mia reazione è stata: wow!. Prima di tutto, cosa ci fanno i russi nello studio Ovale senza che nessun americano fosse presente. E poi che la finzione si stava dissipando». Anche riguardo un possibile licenziamento del procuratore speciale Robert Mueller, Comey ha espresso un parere contrario: «Sarebbe l’attacco più serio allo stato di diritto, non un normale litigio politico».

Non si è parlato solo di Trump, Comey ha usato diverse parti dell’intervista per difendere la sua decisioni di rivelare la chiusura e la riapertura delle indagini sull’uso di un server privato di posta da parte di Hillary Clinton, pochi giorni prima del voto. «Ho camminato col mal di stomaco, sentendomi abbattuto», ha detto Comey, ma ha confermato che l’avrebbe comunque fatto anche se avesse saputo che sarebbe poi stato eletto Trump; «Se mai dovessimo iniziare a considerare quali fortune politiche saranno influenzate da una decisione, saremmo finiti. Saremmo solo un altro giocatore in una battaglia tribale».

La risposta di Trump è arrivata tramite la sua consigliera Kellyanne Conway, che intervistata anche lei da Stephanopoulos ha cercato di sminuire la figura di Comey con un polverone di accuse e di mania di protagonismo, cadendo però in un lapsus, quando ha affermato che Comey «ha cambiato l’esito delle elezioni», vinte da Trump, per poi rivendicare l’affermazione come sarcastica. Non è chiaro dove porterà tutto ciò, di certo non è finita qui; Trump ha chiamato Comey «palla di fango» e ha dichiarato su Twitter che «quando qualcuno mi attacca, io riattacco sempre, 100 volte di più».

Ciò che Comey ha da dire, però, non è solo un battibecco su chi ha detto cosa, ma anche la testimonianza che Mueller sta usando per decidere se Trump ha commesso o meno un reato da impeachment, come ostruzione alla giustizia, prospettiva che non piace allo stesso Comey: «Lascerei decidere gli americani con le elezioni».