Era il 1975 quando al Nottingham Playhouse debuttò uno spettacolo teatrale diretto da Richard Eyre con Jonathan Price, Tom Wilkinson e Stephen Rea tra gli altri, destinato a diventare un grande successo mondiale: Comedians di Trevor Griffiths, che a Broadway venne messo in scena da Mike Nichols. Dieci anni dopo Gabriele Salvatores curò l’allestimento della versione italiana al teatro dell’Elfo con Paolo Rossi, Claudio Bisio, Silvio Orlando, Antonio Catania, Renato Sarti, Bebo Storti, Gigio Alberti, Gianni Palladino e Roberto Vezzosi. Lo spettacolo rimase in cartellone tre anni. Trevor Griffiths vide la versione italiana e così la commenta «degli anni dell’Elfo ricordo vividamente l’entusiasmo. La versione di Gabriele aveva una straordinaria energia anarchica che ho amato e risuonava chiaramente tra il pubblico proprio come accadeva con l’originale». Diversi decenni sono passati, Griffiths ha avuto una nomination all’Oscar per la sceneggiatura di Reds, Salvatores l’ha vinto come miglior film straniero con Mediterraneo.

LO SCORSO ANNO, nel pieno della pandemia Salvatores aveva dovuto rimandare il film che stava pianificando sul Casanova tratto da Schnitzler. «Ma non volevo stare fermo, mi sentivo e mi sento responsabile per le persone con cui lavoro. Allora ho provato a pensare a qualcosa di più contenuto nei personaggi e nei luoghi. Qualcosa di origine teatrale, come aveva fatto Polanski con Carnage e Mamet con Glengarry Glen Ross. E io l’avevo: Comedians. Così ho proposto a Griffiths di adattarlo per il grande schermo e lui con entusiasmo mi ha risposto di sì».
Tutto è molto diverso dall’85, «lì avevo 35 anni, gli attori erano giovani quasi sconosciuti, ora ne ho 70 e volevo capire cosa significa entrare nel merito della questione della comicità». Ecco quindi un nuovo cast con l’insegnante di stand up comedy alle prese con un gruppo eterogeneo di allievi che fanno altri lavori ma vorrebbero provare a fare gli attori. Cast che vede Natalino Balasso insegnante poi Ale e Franz, Marco Bonadei, Walter Leonardi, Giulio Pranno e Vincenzo Zampa con Christian De Sica che sopraggiunge per visionare il saggio e scegliere uno di loro da portare in tv. Due soli ambienti, un’aula scolastica e il luogo dell’esibizione. Il film – nelle sale il 10 giugno prodotto da Indiana Production e Rai Cinema – è stato girato a Trieste l’estate scorsa nel rispetto delle normative antiCovid. «Sono contento – aggiunge Salvatores – perché abbiamo lavorato come a teatro. Due settimane di prove con gli attori e il direttore della fotografia decidendo le posizioni degli attori, della macchina da presa, delle luci. Questo mi ha poi permesso di girare in ordine cronologico, seguendo la storia, con gli attori che sapevano tutto il testo a memoria, con lunghi piani sequenza, un’illuminazione che mi permetteva di muovere la macchina da presa a 360 gradi e, per la gioia dei produttori, tutto in sole quattro settimane».

AL CENTRO il concetto di comicità. Il comico deve essere libero, deve osare, anche se è sottilissima la linea di confine tra l’osare e il non offendere. Anche la comicità è cambiata, senza voler scomodare il me too e il politicamente corretto, con tutte le contraddizioni che implicano, le battute e le barzellette su omosessuali, donne brutte e affini oggi non dovrebbero più trovare posto bisogna impegnarsi un po’ di più, anche perché, come sottolinea Griffiths «l’uomo è l’unico animale che ride», forse per scacciare la paura. Natalino Balasso afferma «il mio personaggio dice le stesse cose che avrei detto io. Bisogna trovare una morale». Anche De Sica, seppure da un altro punto di vista, difende il suo personaggio «bisogna avere buon senso comico, essere semplici e io appartengo a questa categoria». Per Walter Leonardi «il comico è cinico, dice battute per avere una risata, per avere successo». Per Ale e Franz si è invece trattato di una sorta di rimpatriata perché molto tempo fa avevano seguito un laboratorio teatrale proprio con Balasso come insegnante.
Un dato è certo, seppure Comedians sia una riflessione sulla comicità, non è una commedia «lo trovo un testo profondo sul lavoro del comico» conclude Salvatores che si compiace per «il ritorno in sala, le sale non moriranno mai, sono fiero di questa cosa».