Da sempre i rifiuti organici sono transitati per gli orti. Nei manuali di agronomia sino agli anni Cinquanta, erano citate comunemente, quali ottimi ammendanti, le spazzature domestiche.

Non c’era plastica, non c’erano componenti elettroniche e nemmeno batterie: appariva normale, naturale, che non solo l’organico alimentare ma tutto, quasi tutto, venisse avviato nei campi.

Infatti, nei tessuti non era contenuta fibra che non fosse naturale, cotone, canapa, lino o lana che fossero: si riciclavano e lentamente venivano assorbiti. Oggi, purtroppo, non è più così.

Tuttavia è buona pratica che i resti del nostro cibo tornino alla terra. Che si debba delegare la raccolta ai Comuni, per chi ha un pezzo di terra, è una cosa assurda. Imparare a fare il proprio cumulo resta fondamentale, molte amministrazioni organizzano corsi e tante associazioni fanno altrettanto.

Anche avendo un balcone o un terrazzo può servire a ridurre l’impatto che gli avanzi hanno sul trattamento dei rifiuti.

Rifiuti, di per sé una parola orrenda. Sono componenti naturali che è bene conoscere ed imparare a differenziare secondo i vari usi. Sbriciolare qualche guscio d’uovo nel vaso del geranio è utile per apportarvi del calcio di origine animale. Il caffè, la sua polvere, servono ottimamente a rendere più soffice un terreno troppo duro. Per non dire dell’utilità delle bucce di banana o di agrumi.

Certo, se si ha un appezzamento più grande, anche scavare un fosso e gettare dentro l’organico e poi mescolare col terriccio spostato è ottima cosa. Una compostiera si può autoprodurre o acquistare, bisogna imparare le regole base per ottenere ottimo compost.

Ricordando che il compost ottenuto dagli scarti domestici è il fertilizzante in assoluto migliore, se ben mescolato, superiore anche al letame. Certo, bisogna mescolare, arieggiare, qui le fonti autorevoli sono tante. I fautori del biologico sostengono il cumulo. I biodinamici anche ma vi aggiungono preparati di derivazione animale, per non dire di tutta la sfilza infinita di fermentazioni come il Bokashi. Sono i fermenti detti microrganismi effettivi – crederci o non crederci è lecito – nei quali risiede un fondo di verità: il cumulo di organico detto «fumier» in francese, perché appunto «fuma» in virtù delle temperature alte che sprigionano i gas di fermentazione, è un insieme di cellule viventi che dà trilioni di batteri attivi e decompone la materia organica in humus fertile. La vitalità del nostro cumulo la desumiamo dalla quantità di lombrichi che vi troviamo. Quando è maturo, il terriccio è nero e soffice, assume un bel colore nerastro ed ha un buon odore. Si dice che i contadini d’una volta usassero assaggiare il terriccio ottenuto anche dalla decomposizione del letame per sapere se fosse maturo.

Qualunque tecnica si adotti, e ciascuna può soddisfare le nostre necessità ed inclinazioni, tutto è meglio che buttare via il proprio organico. I trucioli di legna, la polvere di marmo, la ruggine di ferro, le ceneri dei camini o delle stufe, se ben miscelati, si prestano ad apportare fertilità al nostro suolo.

Si tratta di imparare e si impara facendo, dosando con sapienza i vari elementi. Si sarà bene operato se otterremo buon terriccio. Certo, ci vuole tempo. Chi fa l’orto con amore impara presto che la fretta, nel campo coltivato, non ha ragion d’essere.