C’erano una volta Les Humanoides Associeés, gli artisti d’oltralpe che hanno segnato l’immaginario fantascientifico a fumetti. E a ben guardare, ci sono ancora, nelle ristampe «rivedute e corrette» di tanti splendidi romanzi grafici pubblicati fra gli Anni ’60 e il nuovo millennio. Passengers Press, fra le etichette «indie» più interessanti, sta avviando sul proprio sito www.passengerpress.com le prevendite di Kris Kool. Pubblicato in Francia nel 1969 e mai uscito nel nostro Paese, il «Bedè» di Philippe Cazamayou alias Caza oggi arriva sugli scaffali in edizione restaurata e impreziosita da un «Ex Libris» inedito realizzato ad hoc dall’autore.

UN’OTTIMA scusa per approfondire con Caza le origini del suo frullato di fantascienza, grafica e pop art. La partenza è di quelle col botto: «In Kris Kool Non c’è nessuna «idea di futuro», esordisce Caza. «Si tratta di un’invenzione pop nata da fantasie personali fra erotismo, psichedelia e fantascienza «bassa». Più che una storia fantastica, è un sogno a occhi aperti». Una «Space Opera» figlia del suo tempo e perfettamente sintonica ad altre invenzioni a fumetti dell’epoca. «Fino ad allora», continua l’autore, «il fumetto europeo era solo quello comico o avventuroso per ragazzi. Nel frattempo, però, io mi appassionavo alla fantascienza dei romanzi o delle riviste. L’idea di realizzare fumetti adulti in cui far convivere «Science Fiction», sesso e humour adulto mi attirava molto… così come i lavori di Pellaert, Druillet, Nicolas Devil e ovviamente Moebius». Senza dimenticare illustratori come Victor Moscoso, Martin Sharp, Heinz Edelmann e C.
«A quel tempo, non conoscevo ancora Moscoso, che poi ho amato molto. Ma Edelmann sì… e anche gli art director americani come Milton Glaser. Date le mie esperienze in pubblicità, d’altronde, per i miei bedé pescavo a piene mani nella moda, nell’arte e nella grafica psichedelica californiana». Psichedelia a piene mani anche nella trama del volume da 96 pagine che narra dell’odissea nello spazio sexy e ironica del pilota Kris Kool.

TESTI E DISEGNI s’intrecciano in un flusso di coscienza che rende impossibile capire se dietro le tavole vi sia mai stata una trama definita o se il volume abbia preso vita propria durante la lavorazione. «Per la verità, un po’ e un po’. Ero partito senza sapere in che direzione andare», rivela Cazamayou. «Ma dato che il disegno prendeva molto tempo, dopo aver improvvisato le prime tavole le ho presentate all’editore Losfeld con una sinossi scritta per convincerlo a darmi fiducia. Prima di farmi un contratto, ha aspettato che concludessi le prime 30 tavole per essere ragionevolmente certo che avrei portato a termine il lavoro». Come in tanti lavori degli Umanoidi associati, a giocare un ruolo particolare nell’avventura sono le donne, qui sempre sospese fra i due estremi della dark lady o della damigella in pericolo.

STEREOTIPI, che però Caza tratta con leggerezza. «La narrativa pop vive di stereotipi, sì… ma nel mio fumetto non vengono mai presi sul serio. D’altronde, non si contano i film in cui l’eroe incontra una donna perduta e tenta di strapparla alla sua condizione ingrata. E negli Anni ’60 è improbabile che le femministe leggessero Kris Kool o altri fumetti di fantascienza. Oggi è diverso… Ma finora non ho mai avuto critiche per aver disegnato belle donne!». E se l’estinzione delle riviste che fino a qualche lustro addietro hanno portato i lavori degli autori francesi in tutto il mondo ne ha sancito l’apparente scomparsa, nella realtà gli eredi degli Humanoides continuano a sfornare capolavori. «Dopo di noi sono esplosi Mezieres, Bilal e altri ancora. Intere generazioni di autori che continuano a portare avanti le nostre provocazioni. Non cito nessuno perché dovrei perdere troppo tempo a frugare nella mia libreria, ma basta googlare «BD SF Francia» per togliersi ogni curiosità. Nel frattempo, per Caza la strada del disegno continua a correre verso l’orizzonte del cinema di animazione. «Si tratta di un’opportunità nata dal caso. Ma non avrei mai potuto rifiutare di collaborare a film come Gandahar di Laloux o I figli della pioggia di Leclerc. L’animazione è un lavoro di squadra in cui i tuoi disegni servano da modello a 100 animatori. Nel fumetto o nell’llustrazione, invece, sei ’l’unico cuoco in cucina’. Ma anche lì devi trovare sempre la quadra tra testo, committente e urgenze creative…».

NEL FRATTEMPO, sul tavolo da disegno del Maestro d’oltralpe i progetti continuano ad accumularsi. «Faccio sempre copertine e illustrazioni, sono direttore artistico del festival cinematografico FIFH – International Film Festival on Disability, dedicato al tema della disabilità. E poi, scrivo sul mio blog, ma anche per editori professionisti o amatoriali di riviste o antologie di fantascienza come Galaxies, Arkuiris o Grimoire. Questa è la mia nuova «carriera», quella di un pensionato di 77 anni che adora la scrittura. Anche se quello che scrivo non è molto serio, come forse avrebbe scritto Arthur Rimbaud se avesse vissuto fino a oggi». Nessuna speranza, invece, per un ritorno in grande stile di riviste a fumetti come le mitiche Pilote o Metal Hurlant: «di quelle testate, purtroppo, si è perso lo stampo». Niente di meglio, quindi, che recuperare qualche storia Cool. Meglio ancora: «Kool». Merci monsieur Caza.