L’alleggerimento della manovra economica per il 2016, secondo Renzi quasi un punto di Pil -17 mld -, permetterebbe di realizzare una manovra espansiva. Nella speranza che la Commissione Europea conceda l’utilizzo delle flessibilità di bilancio sancite il 13 gennaio 2015, è evidente che l’alleggerimento del deficit dal 1,8% a 2,2% del Pil per il 2016, forse 2,4% se la questione immigrati trova una soluzione europea, assieme al posticipo del pareggio di bilancio di un anno, sono il risultato della contrattazione di Padoan con la Commissione Europa.

In altri termini, la manovra espansiva, sempre che si tratti di una manovra espansiva, non vale più di 8 mld. Infatti, una parte delle risorse è già stata utilizzata nel 2015 (0,4% del Pil), mentre la restante quota di flessibilità è tutta da acquisire. Si tratta di un ulteriore 0,1% di Pil per le riforme strutturali (Jobs Act, decontribuzione), 0,3% di PIL per nuovi investimenti e 0,2% di PIL per il dramma degli immigrati. Al netto degli immigrati, al momento non c’è una soluzione condivisa, l’alleggerimento delle clausole di salvaguardia, 16,8 mld per il 2016 e 26,2 mld per il 2017, cioè l’aumento dell’Iva e/o tagli di spesa equivalente, è stata risolta con la flessibilità europea e con tagli di spesa più contenuti (8 mld).

Quindi la manovra espansiva è parziale e, sostanzialmente, non vera. L’aspetto inedito è la contabilizzazione della parziale disattivazione delle clausole di salvaguardia. Secondo il governo permetterà una crescita del PIL dello 0,2% che, in sostanza, è uguale alla revisione di crescita del Pil per il 2016 dall’1,4 a all’1,6%. Ma c’è un trucco. La parziale disattivazione della clausola di salvaguardia ha ridotto l’impatto negativo dei provvedimenti in essere: invece di cadere alla velocità di 100 chilometri orari, ora cadiamo alla velocità di 80 chilometri orari, cioè registriamo un miglioramento di 20 chilometri orari.

Peccato che alla fine della caduta troviamo sempre lo stesso ostacolo. Mi rendo conto che stiamo parlando dello 0,2%, segno dei tempi e delle politiche di austerità europee, ma dietro queste misure si nasconde la solita idea: la riduzione delle tasse e l’equivalente taglio di spesa pubblica fanno crescere il Pil. Siamo nel campo dell’austerità espansiva. Peccato che il reddito aggiuntivo delle famiglie non è speso interamente. Una parte è risparmiato, cioè non consumato.

Quindi, la crescita del Pil legata alla riduzione delle tasse è inferiore al mantenimento della spesa pubblica in essere. Un conto è redistribuire reddito, un altro è tagliare le tasse, cioè il correspettivo dei servizi resi ai cittadini. Nel frattempo la politica non cambia. Renzi propone di ridurre le tasse sulla prima casa, terreni agricoli e i così detti macchinari imbullonati, con la prospettiva di ridurre le imposte sugli utili di impresa. Come finanzia la misura? Come già ricordato le flessibilità europee aiutano, ma il governo riesce a superarsi. Il Def delinea un deficit tendenziale per il 2016 pari a 1,4% del Pil, cioè un significativo miglioramento rispetto al valore del deficit programmatico dell’1,8%. Cosa facciamo di questo denaro? Continuiamo a ridurre le tasse di un ulteriore 0,4% di PIL.

In altri termini, l’unica politica economica del governo è quella della riduzione delle tasse, nonostante i vincoli appena ricordati a proposito del comportamento delle famiglie ogni qual volta hanno un euro in più da spendere. Senza sindacare le scelte già fatte, che meriterebbero una discussione a parte, almeno per il pubblico impiego e la previdenza, queste risorse aggiuntive (0,4% di Pil) potevano essere utilizzate in modo più efficace. Per esempio potevamo migliorare la struttura produttiva cercando di migliorare la sua specializzazione che non soddisfa nemmeno la domanda interna; realizzare delle micro opere per mettere in sicurezza il territorio; migliorare e/o allargare un po’ lo stato sociale.

Il governo poteva agire delle politiche economiche pro-cicliche più efficaci, ma sceglie di rimanere un «servo sciocco» dei luoghi comuni. Inventa risorse finanziarie e nuove narrazioni, ma si tratta sempre della solita favola.