A chi non piace vagabondare per qualche ora nel paesaggio autunnale? Le foglie cadute ai margini della via, le panchine che ti richiamano per una breve sosta. I viali che si spogliano, lentamente, per giorni, davanti a nostri occhi increduli. La temperatura che scende, il sole che rincasa qualche ora prima. Qualche scoiattolo che scoda dietro i tronchi che si fanno sempre più grandi.
La magia tocca il suo apice in quei giorni di alta pressione, quando il vento è in sosta altrove e le foglie sono un caleidoscopio di gialli, rosa, nocciola, zenzero, salmone e rosso cupo. Ho ancora davanti agli occhi certi viali di Torino, alberati a tiglio, lungo il polmone verde del Valentino, con quella moderata ma costante pioggia di foglie che si staccano da varie altezze e ricadono, come gondole che oscillano in laguna, assecondando i capricci della marea e dell’acqua alta.
Duccio Demetrio, ex docente della Bicocca, è fondatore e direttore della celebre Libera Università dell’Autobiografia e dell’Accademia del Silenzio, con sede ad Anghiari, in Toscana, nonché autore di una lunga serie di volumi che mette in luce la sua dimensione intima di esploratore di significati. Penso a La religiosità della terra (Raffaello Cortina ed.), Di che giardino sei? (Mimesis), Filosofia del camminare (Raffaello Cortina ed.), La religiosità degli increduli (Edizioni Il cortile dei gentili) – titolo splendido – ed il mio preferito, Green Autobiography. La natura è un racconto interiore (Booksalad). Ora approda nelle librerie un altro gioiellino, titolo Foliage. Vagabondare in autunno, pubblicato da Raffaello Cortina (pp. 256, euro 18). In copertina un dipinto che amavo molto quand’ero ventenne, uno degli alberi «superstiti» di Egon Schiele.
Ecco come inizia, a pagina tredici: «Sfogliare: esiste forse un’immagine più appropriata per un libro dedicato all’autunno? Pagine come foglie: da leggere una dopo l’altra, con attenzione, e da abbandonare presto alla loro sorte. Da lasciare, se più fortunate, su una panchina: anzi, meglio ancora, ai piedi di un albero» (occhio a questi consigli poetici, rischiamo di trovare montagne di vecchi libri ingialliti e videocassette mangiate dal tempo sulle radici dei nostri vegliardi cittadini…).
Foliage si articola in otto gironi, nei quali la punta della matita di Demetrio tratteggia paesaggi emotivi e naturali:
«L’autunno non è un destino, un disegno astrologico, un tipo umano, un’entità immobile: nel suo presentarsi dolente, bilioso e saturnino», indicando in effetti una scelta che tende a privilegiare i toni dell’abbandono, della malinconia, il senso di perdita che lo snudarsi dei rami e il rabbuiarsi del mondo là fuori, accompagnando la nostra stessa interiorità, che si prepara raccogliendosi, rimpicciolendosi, appassendosi, ai futuri e certi rigori invernali.
E infatti egli scrive: «L’epopea del foliage, che si rinnova ogni autunno, è un’occasione di educazione umana alla consapevolezza di far parte di un dramma cosmico, universale, cui partecipiamo nascendo e morendo».
Le citazioni, come già si era letto in Green Autobiography e La religiosità della terra, guidano il ragionare che si tesse tramite la scrittura, ed in più occasioni si ha l’impressione che prima venga la citazione, la bella e chiara citazione, e poi la riflessione dell’autore-custode, del testimone della bellezza che fa i conti, o meglio, che cerca di far combaciare estetica del paesaggio e verità scritta, quel tipo di verità che si manifesta nella grande scrittura, l’intuizione pronunciata magnificamente e che talora supera la verità del mondo fisico, quanto la verità del vivere umano.
Spesso le navigazioni di Duccio Demetrio si presentano sottoforma di libro di libri, una forma oggi molto apprezzata dagli editori. Ma con accortezza: di fatti il rischio diventa quello di farsi travolgere dal valzer, dall’urgenza della citazione colta e raffinata, pericolo che Demetrio conosce e tenta di placare. Foliage assomiglia, da questo punto di vista, più ad una cattedrale di foglie puntellata con lunghe aste di parole che non un bosco in fase di svestimento colossale.
Si ritrovano pensieri e appunti di François Jullien, Philippe Jaccottet, Adriana Zarri, Giorgio Caproni, Ermanno Olmi, David Mitchell, Elémire Zolla, Friedrich Holderlin, Attilio Bertolucci, Angelo Casati, Umberto Piersanti, Jacques Brosse, R. M. Rilke, Peter Wohlleben, Mario Luzi, Antonio Prete, Matteo Veronesi, Pierluigi Cappello, Nazim Hikmet, H. D. Thoreau, Salvatore Quasimodo, Aldo Nove, Maria Zambrano, Gaston Bachelard e molti altri. L’edizione è molto curata, impreziosita da trenta opere pittoriche a tema.