Ci sono i fatti e ci sono le paure; dopo l’ultimo Consiglio europeo e la crisi interna al governo tedesco l’evidenza è che, soprattutto per quanto concerne i fenomeni migratori, prevalgano di gran lunga le seconde.

Mentre i dati ci dicono che gli sbarchi sono drasticamente diminuiti, le paure legate all’invasione, che gli analisti chiamano neutralmente il «percepito», sembrano invece orientare la pubblica opinione in opposta direzione. Ed è proprio su divario che separa i dati dalle opinioni che il blocco sovranista e xenofobo, razzista e securitario, tesse le fila dell’egemonia culturale, sostituendo con i suoi disvalori quelli che un tempo avevano orientato un modello di civiltà europeo e nazionale il cui senso andava verso l’inclusione e il benessere condiviso.

Ma se queste percezioni esistono e possono essere, più o meno agevolmente, strumentalizzate a fini politici, è necessario coglierne la sorgente per poterla prosciugare o cambiarne il senso. E allora la domanda fondamentale che deve porsi un pensiero critico che voglia sviluppare nella modernità nuove forme di inclusione democratica è: da dove nasce tutto questo?

Nella Grecia classica, cultura madre della filosofia, cioè dell’amore per la sapienza, esistevano diverse parole per definire la «verità» che di questa dovrebbe essere il cuore. In particolare due qui ci interessano: da una parte vi erano le doxai, le opinioni, legate alle contingenze storiche ed alla sensibilità individuale e collettiva, le «percezioni» appunto, che però divengono una verità altrettanto erratica che non porta alla saggezza ma alla omologazione, ad una falsa verità dunque o, meglio. a una verità falsificata. Esisteva poi l’a-letheia, il non velato, il manifesto. Questa si raggiungeva appunto attraverso lo svelamento della divinità arcaica Lethe, che significa oblio, ipostasi del fiume nel quale si immergevano le anime dei morti affinché, tornado al mondo, non ricordassero nulla delle loro vita passata. E dunque la verità che porta alla saggezza, non è solo il non nascosto, ma anche il non dimenticato.

Ecco, allora, una prima implicazione: se non si parla chiaro, la parresia di cui diceva anche l’ultimo Foucault, se non si agisce con responsabilità e convinzione la verità dei fatti, se si assecondano le opinioni, il percepito, e non si sostengono e si illuminano le evidenze, si finisce anche per dimenticare i valori fondanti del proprio agire politico. E così che il quadro si oscura e un fenomeno come quello migratorio, più che fisiologico e gestibile con strumenti di cooperazione internazionale, solidarietà nazionale ed europea nel rispetto dei Diritti Umani, strumenti di controllo dei flussi finanziari e sensibilità per l’ambiente, diviene una emergenza apocalittica che minaccia il benessere di ogni cittadino onesto e operoso.

E quindi, ripartiamo dalla domanda iniziale: da dove nasce la paura? Evidentemente da una ennesima mutazione del modello di sviluppo liberista che sta drasticamente riducendo le opportunità e il benessere percepito di strati sempre più vasti delle popolazione italiana ed europea e che i populismi hanno la capacità di attribuire all’emergenza migratoria.

Quando nell’estate del 2017 l’allora ministro degli Interni evocava un rischio per la tenuta democratica del Paese di fronte agli sbarchi di diecimila persone, è chiaro che la percezione, la doxa appunto, divenne rapidamente quella di una minaccia alle basi fondanti del modello di convivenza. Ecco, allora, che bisogna ripartire dalla memoria, cioè dalle cause di queste migrazioni, dal nesso tra democrazie e sviluppo, diritti umani ed accoglienza. Ma soprattutto fare opera di verità sulla natura profonda di questa crisi che non è legata ai flussi migratori ma alla mancanza di una Europa politica, indipendente dalle priorità di oltre Atlantico, non all’invasione di chi ruba il lavoro ma all’utilizzo dei migranti irregolari come schiavi, e via enumerando.

In conclusione, o si ristabilisce il nesso tra anti-liberismo e democrazia, e si denuncia quello opposto, cioè insicurezza-flussi migratori, o la narrazione del percepito sarà sempre più appannaggio delle destre e sempre meno di chi vuole costruire sulla verità dei fatti.