Mentre in Italia e in Europa si anima il dibattito sulle cause geopolitiche della guerra in Ucraina, il conflitto si appresta a entrare nella fase più cruenta. Gran parte degli obiettivi sensibili nella zona orientale del paese, le basi strategiche e militari, le pericolose centrali nucleari, sono stati occupati o abbattuti dall’esercito russo. Le città sono in affanno e cinte d’assedio dai carri armati che si preparano all’invasione. Ora l’offensiva russa colpisce anche la zona occidentale, spingendosi vicino al confine con la Polonia, che è anche il confine della Ue e della Nato. Putin è disposto alla carneficina e a mettere a rischio la pace mondiale pur di completare il piano di conquista del Paese.

In questi primi venti giorni di scontri, i soldati russi hanno già ampiamente dimostrato che dal Cremlino non c’è stato alcun ordine di risparmiare vittime civili. Sui corridoi umanitari aperti per consentire alle persone di fuggire, sono state lanciate bombe e sono stati esplosi colpi di fucile.

In tre settimane di guerra in Ucraina sono fuggiti quasi tre milioni di rifugiati, circa il triplo dei siriani arrivati in Europa nel 2015 in un anno. Un ritmo senza precedenti. Gli invasori hanno distrutto tutto quello che hanno potuto: abitazioni, edifici pubblici, presidi sanitari, a Mariupol è stato colpito anche un ospedale pediatrico. Questi attacchi militari hanno generato un moto di indignazione che il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha definito “patetici piagnistei”. Parole che vanno oltre il cinismo. Alla ferocia di Putin e dei suoi ministri, si affianca anche l’arroganza di potersi prendere gioco del mondo, affermando la supremazia della violenza.

Quale è stata fino a oggi la risposta delle grandi potenze internazionali? Al termine dell’ultimo vertice a Versailles, i leader europei hanno annunciato di voler incrementare le forniture di attrezzature militari alla resistenza ucraina. Dopo aver supportato l’esercito regolare con un primo pacchetto di risorse, si passa ora ad armare i civili, uomini e donne senza esperienza militare, persone che dovremmo prima di tutto tentare di salvare. Ecco perché, pur condividendo l’azione del governo italiano e votando a favore degli atti parlamentari a suo sostegno, sia ieri sul decreto che lo scorso 1 marzo nell’ambito della risoluzione mi sono astenuta quando si è trattato di votare nello specifico sull’invio di armi in Ucraina. Perché questa scelta, non solo italiana ma comunitaria, va nella direzione opposta all’obiettivo della de-escalation militare e indebolisce i negoziati come strumento risolutivo.

Credo che la strada da percorrere per arrivare al cessate il fuoco debba essere appunto un’altra. Bisogna mettere Putin spalle al muro, insistendo sul terreno delle sanzioni e dell’isolamento internazionale. Ed è altrettanto fondamentale promuovere – e le istituzioni europee dovrebbero esserne l’artefice – una comunione di intenti tra tutti i leader mondiali volta ad un’azione politica comune che abbia l’obbiettivo di imporre all’aggressore un tavolo di trattativa e una disponibilità al compromesso.

Compromesso, non resa dell’aggredito, altrimenti l’aggressore viene premiato per la sua condotta. Se si afferma l’idea che qualunque Stato possa occupare un altro Stato senza pagarne le conseguenze, finisce qualunque possibilità di convivenza tra i popoli. Bene quindi il quarto pacchetto di sanzioni, anche più dure e perfino quelle che possono avere dei contraccolpi sulla nostra economia.

Il Presidente ucraino si è detto disponibile a discutere di Crimea e Donbass. Da parte russa invece nessun ripensamento. Vogliono la vittoria militare anche a costo di altri orrori, massacri e distruzioni. Vogliono l’Ucraina, e magari anche altro. Putin non tollera di avere Stati democratici al confine con la Russia perché questi dimostrano che c’è un’alternativa alla dittatura con cui lui esercita il potere. Per lo stesso motivo tiene in piedi Lukashenko in Bielorussia contro il volere del popolo. Teme le libertà e i diritti più di qualunque altra cosa, sicuramente più della guerra terreno a lui confacente.

Appare evidente quindi che non saranno le armi a sconfiggere altre armi ben più numerose e potenti. Quando queste inizieranno a tacere, si potrà discutere delle soluzioni, degli assetti futuri e anche del passato, se ci sono stati da parte dei paesi occidentali sottovalutazioni o errori. Ma deve essere chiara una cosa: nessun eventuale errore, nessuna sottovalutazione potrà mai giustificare quello che Putin ha fatto e sta facendo. E di questo dovrà rispondere anche di fronte alla giustizia internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Prima però, obblighiamolo ad abbassare i fucili.
Deputata Pd e Presidente del Comitato della Camera sui diritti umani nel mondo.