Da molto tempo il tema dei confini è tornato di attualità anche in Italia. Complice il flusso migratorio e la crisi economia, alcuni paesi europei hanno proceduto a rintanarsi dietro il concetto di «confine», presupponendo che un ritorno alle delimitazioni «forti» nel passaggio da un territorio ad un altro, possa alleviare le popolazioni da preoccupazioni e «invasioni», supposte, perché inesistenti nei numeri.

IL CONFINE è territoriale, ma soprattutto mentale. L’internazionalismo, antica arte del considerarsi cittadini del mondo e complici e cospiratori con le fasce più povere di ogni stato, e come tali refrattari a chiusure, muri, steccati a limitare l’esperienza possibile, sembra ormai relegato a una pratica desueta. Andando a esaminare la storia dei confini più famosi al mondo – però – si percepisce la necessità di riattivare un percorso per una cittadinanza globale, da cui far scaturire l’esigenza di diritti altrettanto globali (in tema di lavoro ad esempio). Al termine della lettura di Sconfinate, terre di confine e storie di frontiera (Rosenberg&Sellier, pp. 208, euro 15) a cura di Emanuele Giordana, rimane una doppia sensazione: la prima è riferita alla bella scrittura, capace di calarsi nello specialismo con disinvoltura mantenendo viva la curiosità storica più generale; in secondo luogo emerge quanto possiamo osservare nella nostra vita quotidiana, ovvero uno spostamento del confine da un «margine» a un centro, quello della vita politica. Lo dice bene Etienne Balibar citato nell’introduzione di Emanuele Giordana: «Mentre i confini dovrebbero essere ai margini del territorio coerentemente con la loro definizione giuridica, sembra che i confini e le pratiche istituzionali ad essi associate si siano spostati al centro dello spazio politico».

SE I CONFINI, infatti, sono passaggi «foschi, impuri, magici e violenti» (Sandro Mezzandra, Brett Neilson, Confini e frontiere, Il Mulino, 2014) spesso, scrive Giordana «contravvengono la regola prima per cui sono stati creati e che dovrebbe costituire uno dei capisaldi delle relazioni internazionali: delimitare un territorio in maniera definitiva marcandolo con una linea separatrice intoccabile e frutto di un patto tra vicini che non deve essere violato a garanzia della sicurezza di chi lo abita. Ma la storia dei confini dice l’esatto contrario». A questo proposito vanno osservate due questioni: la prima ha a che vedere con chi i confini li supera cercando di spezzare quel legame tra capitale e frontiere che vuole piena libertà di movimento per le merci ma non le persone; la seconda ha a che vedere con una duplice considerazione; intanto molti dei confini che dovrebbero risultare come patti tra vicini, sono invece stati imposti.

NEL VOLUME la madre di tutti i confini, Skies Picot, raccontata da Eric Salerno, ne è esemplare: «divenne subito chiaro che i Paesi europei «illuminati» erano peggio dell’Impero Ottomano appena demolito che alle popolazioni suddite aveva sempre riconosciuto una notevole autonomia»; in più in alcuni casi questi confini vengono stracciati per impeti di natura di rivalsa e successivamente per ansia predatoria: «Molti dei confini attuali sono all’origine di conflitti, migrazioni, sofferenza. I confini coloniali, confini per eccellenza, ne sono la dimostrazione più ovvia e non è un caso che l’avventura di Al-Baghdadi sia iniziata dalla distruzione di un cippo di confine».
Il volume contiene le conclusioni della professoressa Rosella Idéo, dedicata a raccogliere quanto scritto in precedenza, proiettandolo sul 38° parallelo, il «Limes coreano». Al centro di attuali trame geopolitiche, quello coreano è un confine che permette di intuire la complessità del tema, associato con una cura spesso superficiale al tema.

Scrive Idéo, «come risulta abbastanza evidente dalle vicende coreane, non solo i confini implicano processi complessi, ma anche tutto ciò che vi si costruisce intorno: dalla vita delle persone alla narrazione che se ne fa, dai rapporti tra stati alle relazioni di una singola famiglia, dalla geopolitica all’esistenza individuale. Una complessità che spesso la propaganda oscura e distorce attraverso una lettura semplificata e ovviamene di comodo. Con una buona dose di cinismo e molta ipocrisia».

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OGGI A ROMA

Oggi al salone dell’editoria sociale a Roma (Porta Futuro: Via Galvani 108) verrà presentato il volume «Sconfinate». Alle 12.30 nella sala B ne parleranno Anna Maria Giordano, giornalista, Emanuele Giordana curatore del libro. Modera Paolo Affatato, giornalista di Lettera22.