La terza novella della raccolta dugentesca del Novellino racconta di Filippo, re di un reame «nelle parti di Grecia», che teneva in prigione un uomo ritenuto particolarmente saggio. Questi si rivela capace di mostrare al re che un cavallo purosangue è stato in realtà allevato da un’asina, che dentro une pietra preziosa si trova un verme e infine che il suo vero padre non era un sovrano, ma un umile «pistore», un fornaio. Una deduzione basata sul fatto che il re aveva ricompensato il saggio con delle pagnotte (prima mezza, poi una intera), rivelando così la sua natura di fornaio. L’incontro fra il sovrano (spesso micragnoso) e il saggio dotato di straordinarie abilità intuitive, capace di dedurre da minimi indizi la verità su cavalli, pietre preziose e uomini, è un tema folklorico, diffuso dall’India al Medioevo orientale e occidentale, e che si trova declinato in numerosissimi testi: da una delle novelle indiane che hanno come protagonista il Buddha nelle sue vite anteriori, ad alcune storie arabe confluite nelle Mille e una notte, a racconti talmudici, fino a una novella del Sercambi o a una predica di Bernardino da Siena. Molte di queste versioni hanno avuto una redazione scritta assai tardi, addirittura in età moderna: ricostruire la loro storia significa seguirne le intricate, e sorprendenti, strade della circolazione orale, che sono tutt’altro che chiare.
Nel XII secolo Sassone Grammatico nei suoi Gesta Danorum racconta una storia simile a proposito di Amleto (il quale stupisce tutti per le sue intuizioni durante un banchetto presso la corte del re di Britannia, in cui finisce per rivelare al re le sue origini illecite), testimoniando quanto sia stata ampia la diffusione del motivo, nella quale probabilmente un ruolo centrale come crocevia di trasmissione lo ha ricoperto la Bisanzio medievale.
Proprio a Bisanzio nel XIV secolo un monaco mise in versi un racconto che sicuramente era diffuso oralmente. È la storia del Povero Leone, un poemetto di quasi mille ottonari trocaici (una forma metrica particolarmente in voga nella letteratura satirica e popolareggiante), che costituisce la redazione più lunga di una storia che ci è giunta in ben quattro versioni diverse. Si tratta di un piccolo gioiello, uno dei tanti della letteratura bizantina ancora ignoti al grande pubblico. Tommaso Braccini, che unisce in raro connubio le competenze di bizantinista e di antropologo, ne ha pubblicato una elegante traduzione, accompagnata dal testo greco e da una ricchissima introduzione (Il povero Leone Ptocholeon, Einaudi «Nue» n.s., pp. XCVI-80, e 22,00).
Il plot è gustoso. Leone è un agiato possidente di provincia, che ridotto in povertà da un’incursione dei pirati convince il primogenito che l’unico rimedio è portarlo in catene a Costantinopoli e venderlo come malfattore per una grossa cifra. La notizia della vendita di un vecchio dotato di grandi capacità e saggezza giunge all’imperatore che lo fa acquistare e portare a corte. Di fronte al sovrano Leone dichiara di conoscere la natura e il valore delle donne, degli uomini, delle pietre preziose e dei cavalli. L’imperatore ne è entusiasta, anche se ciò non gli impedisce di mettere sotto custodia il vecchio, e di lasciarlo senza cibo per trenta giorni. Ma Leone ha ben presto l’occasione di mostrare le sue capacità e di guadagnarsi il pane: in un crescendo di intuizioni dimostra che una pietra comprata dall’imperatore a prezzo esorbitante non vale nulla ed è divorata internamente da un verme; che un cavallo straordinariamente massiccio è stato allevato da una bufala; e che la bellissima ragazza che vorrebbe sposare ha in realtà un’indole da prostituta (un episodio accompagnato da una lunga tirata misogina). Per queste rivelazioni il vecchio si vede ricompensato con una pagnotta al giorno la prima volta, con due la seconda e con tre la terza. Il sovrano di Costantinopoli non appare particolarmente generoso! Infine, l’imperatore decide di interrogare il vecchio in merito alle proprie origini e alla propria natura, ricevendone la sconvolgente risposta del Filippo del Novellino («di un fornaio risulti figlio / e sei di natura un villano, / oltremodo volgare»).
Se l’imperatore trova conferma delle parole del vecchio in un drammatico colloquio con la madre, che confessa che per ovviare alla sterilità del marito si era unita al suo personale fornaio, Leone dal canto suo rivela la sua logica deduttiva. Chi ricompensa con pagnotte ha un animo volgare : «ci dona solo pagnotte, / non ci dà denari / né alcun altro donativo: / o ha la natura di un fornaio, / o è figlio di un fornaio, / questa non è la natura di un signore / e nemmeno di un cortigiano!». L’eroe viene ovviamente ricompensato dall’imperatore, che ne paga il silenzio con una grande somma. Ci si può immaginare come la storia di Leone venisse raccontata con gusto negli ambienti di provincia, che guardavano con diffidenza e malcelato rancore alla remota corte costantinopolitana. Nelle pieghe di una riflessione sulla povertà e la ricchezza, la vera natura dell’uomo che inevitabilmente affiora, e sulla saggezza come indice di nobiltà e baluardo ai colpi della fortuna, si intuiscono le tensioni della Bisanzio paleologa. La sperequazione (tema del singolare dialogo dei ricchi e dei poveri di Alessio Macrembolite) e «l’instabilità della vita, / il volgere della sorte / e il mutare delle circostanze» erano timori che attraversano tutta la società del XIV secolo, e che colpivano piccole e grandi personalità.
Lo seppe bene uno dei grandi intellettuali e politici del secolo, Teodoro Metochite, che finì la sua vita nel convento di Chora (la cui chiesa aveva arricchito di magnifici affreschi e mosaici), dopo aver raggiunto i massimi onori sotto Andronico II. L’incertezza delle cose umane e l’ingiustizia della vita sono il tema di alcune sue poesie particolarmente amare: chissà se componendole Teodoro avrà pensato alla storia del Povero Leone e alla sua abilità nel risollevarsi.
Come guadagnarsi la pagnotta alla corte dei Paleologi
Motivi folklorici. Un possidente di provincia, caduto in rovina, si finge un malfattore saggio e viene comprato dall’Imperatore, al quale fa sconvolgenti rivelazioni: il poemetto Il povero Leone, da Einaudi

Mosaico di bambini che giocano, VI secolo, Istanbul, Gran Palazzo
Motivi folklorici. Un possidente di provincia, caduto in rovina, si finge un malfattore saggio e viene comprato dall’Imperatore, al quale fa sconvolgenti rivelazioni: il poemetto Il povero Leone, da Einaudi
Pubblicato 2 anni faEdizione del 11 aprile 2021
Pubblicato 2 anni faEdizione del 11 aprile 2021