Come gli umani progrediscono osservando i vegetali e gli animali
L’immaginario medievale ci consegna i chimici come figure sconfinanti nel magico a loro agio in trame fosche; la letteratura li ha resi attori protagonisti di storie memorabili, come l’Opera al Nero di Marguerite Yourcenar, anche non fiction: il Sistema Periodico di Primo Levi, che giocava con gli elementi fino a farli sposare è uno dei testi più toccanti dello scrittore, partigiano e chimico. E anche il presente non è immune al fascino di questi scienziati: Lezioni di Chimica, miniserie di Apple TV+, ha avuto un enorme successo lo scorso anno sulla scorta di quello del bestseller da cui è tratta.
NEL FILONE DEL RACCONTO di chimica, scientificamente inappuntabile ma gustoso per i non addetti ai lavori, si inserisce il libro di Giorgio Volpi, un chimico che racconta nelle trecento pagine del saggio La natura lo fa meglio (e prima) edito da Aboca, come gli esseri umani possano progredire in tecnologia e scienze applicate osservando la natura e imparando da essa; ma attenzione: non si tratta della disamina di soluzioni alternative naturali a questioni che gli umani affronterebbero con la sintesi ma il racconto appassionante delle scoperte chimiche affinate da piante e insetti dallo loro comparsa sulle Terra. Trovate molto antiche che ricalcano in diversi casi invenzioni messe poi a punto dagli umani ma anche processi che potremmo prendere a modello per risolvere problemi nuovi dell’umanità.
L’INTELLIGENZA CON CUI quella artificiale, e la mente che la istruisce, deve misurarsi è soprattutto, parrebbe, botanica o zoologica. I binomi apparentemente fantastici presentati da Volpi sono avvincenti: gli adesivi termoplastici come il nylon e il PVC e gli adesivi secreti da alcuni molluschi, come il bisso, la seta del mare, che tra le sue componenti ha un amminoacido capace non solo di dare impulso alla formazione di macromolecole lunghe, e dunque di attaccare la cozza a uno scoglio, ma di funzionare come farmaco per i sintomi del Parkinson.
LE API, CHE SFREGANDO le ali innalzano di dieci gradi la temperatura del proprio corpo per tenere calde le crisalidi, e il motore a combustione; le feci di ippopotamo e il perfezionamento della pratica dell’estrazione del silicio al fine di contrastare l’impoverimento dei terreni gravati dagli allevamenti intensivi. Lo studio della luminescenza, che ha appassionato Volpi da studente alle prese con la tesi, si dipana soffuso di aurea luciferina tra meduse, spettro di colori dell’arcobaleno, amniocentesi e chinino, alcaloide medicamentoso ma anche base del gin tonic.
IL VIAGGIO TRA OTTICA, essenze odorose, magneti, è un inventario ragionato in cui ogni prodotto, procedimento o fenomeno viene analizzato dall’autore e collocato ora in Museo ideale della storia umana, catalogo immaturo e confusionario come la stanza di un adolescente, ora nel Museo ideale della tecnologia naturale le cui teche si dispiegano armoniosamente in tutte le manifestazioni della Natura che generosamente le offre come un’open source all’attenzione e ai neuroni specchio dei Prometei che collocano se stessi in vetta all’Evoluzione. Scoperte umane e risultati ottenuti dalla natura seguendo vie e principi lontane dalla nostra tecnologia corrono parallele e si torcono come doppie eliche di dna.
INCURSIONI SU STORIA delle parole, miti, aneddotica, anche autobiografica, danno al testo un’aria rinascimentale, grondante cultura enciclopedica con concessioni pop e rispetto delle regole della pubblicazione scientifica: bibliografia e glossario ma anche sconfinamenti nella letteratura e nell’arte. E anche se Volpi dichiara nell’introduzione di non essere troppo interessato a quadri e pittura, sono state proprie due tele di Van Gogh, e la degradazione della pigmentazione rosa nei fiori ritratti, ad aver stimolato in lui l’idea del confronto tra scienza umana ed evoluzione della natura.
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