Un pappagallo dal pessimo carattere sparisce quando capisce che il suo padrone sta per sposarsi. Coglie lo strano movimento di scatoloni dentro casa, la presenza di una donna (una prima era già riuscito ad allontanarla) e getta nell’ansia amici e vicinato lanciato alla sua ricerca nei boschi. (Attilio di Viola Giulia Milocco e Federica Quaini). Un coltissimo entomologo vive isolato con i suoi cinquemila animaletti, un allevatore di insetti mostra le possibilità che offre il futuro, una tassodermista ottantenne nel negozio di famiglia attivo anche nella collaborazione con il cinema, è ormai costretta a chiudere tra pochi mesi e ci mostra un mondo di imbalsamatori che sta scomparendo (Mimesis di Claudio Casale). Rettili di ogni specie strisciano in anguste scatole periodicamente esposte nelle fiere per gli appassionati del genere, maneggiati da personaggi che stabiliscono un insondabile rapporto con i loro animali (Chiusi in fragili teche di Martina Claudia Selva). Sono questi i primi tre progetti premiati (da una giuria composta da Daniele Vicari, Marta Donzelli, Eleonora Danco, Annamaria Granatello, Giacomo Ravesi, Antonietta De Lillo) nel corso della giornata finale di «Fare un film», un progetto ideato da Antonietta De Lillo, cineasta impegnata da tempo con la Marechiarofilm nell’organizzare «cinema partecipato», movimentare talenti del mondo del cinema. Il progetto coordinato da Veronica Flora, realizzato dall’ Associazione Fuori dal pollaio, con il contributo della SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori e della Regione Lazio proponeva come tema «L’uomo e la bestia». «Sono arrivati novanta progetti di buonissima qualità, ci dice Antnietta De Lillo, in quel target che noi cerchiamo di individuare tra le scuole di cinema e la professione».
Attraverso un workshop coordinato da Antonio Pezzuto e la guida di tutor (il regista Giovanni Piperno, il produttore Luca Ricciardi, il montatore Giogiò Franchini, direttore della fotografia Greta De Lazzaris), sono stati selezionati quindici progetti, infine riproposti alla giuria nella giornata di martedì 17 luglio, un memorabile momento di incontro dove era evidente il segnale del cambiamento dei tempi. L’osservatorio privilegiato potrebbe essere quello dei corti o degli esordi, ma partire addirittura dal progetto sulla carta lancia parecchi segnali sulle nuove tendenze.
Già il tema potrebbe suggerire un approccio animalista fatto proprio dalla nuova generazione, ma non di soli mattatoi si è trattato: i soggetti hanno spaziato verso le direzioni più impensate e i generi più diversi, sfiorando commedia, denuncia, arte concettuale, problematiche filosofiche e perfino l’eros. Ad una più approfondita analisi suggerita solo da qualche frammento filmato, teaser o foto e molto più dalla convincente passione emersa dai racconti degli autori in gara, sono emerse sottili tematiche sepolte nel profondo della psiche, paure, idiosincrasie, legami inestricabili come a suggerire rapporti mitologici, simbologie non così evidenti. Ricordavamo Alberto Grifi che per la prima volta, una decina di anni fa e più aveva inserito online gli strazianti lamenti degli animali al macello, esempio di agghiacciante documentario sonoro. Ed è un segnale ancora presente in varie forme in alcuni progetti.
Il rapporto uomo-animale a volte nato fin dall’infanzia scivola in quell’abito più misterioso che è il doppio, fa emergere l’immagine fanciullesca del padrone e la presenza orgogliosa del volatile. L’inutile dolorosa trasformazione di una crisalide in farfalla trafitta nel suo momento di massimo splendore offre una sintetica risposta al senso della vita. L’isolamento di scienziati ci riporta a una pratica quasi ottocentesca di osservazione della natura; dai più antichi simboli del male, del potere e della sensualità – i serpenti – disposti come in una installazione di oggetti semoventi, ecco emergere il culto del collezionismo, la pratica di incroci azzardati della specie, quasi tardiva vendetta alla cacciata dell’Eden. Mimesi, Attilio e Chiusi in fragili teche sono i tre film premiati che passeranno alla fase di realizzazione con il supporto dei tutor, menzione speciale per La manza di Chiara Ortolani che esplora l’enigmatico rapporto tra veterinario e bestie da macello, Lei e loro di Pietro D’Onofrio racconta il rapporto tra una tolettatrice e i suoi animali inun negozio della periferia di Napoli. L’azzardato progetto What more in the name of love (Una specie d’amore), di Cecilia e Francesca Del Guercio, viaggio nel mondo sommerso della zoofilia erotica tra autoassoluzione e sopraffazione, ha convinto Doc/it (Agnese Fontana) a dare il premio allo sviluppo del progetto nel prossimo incontro degli Italian Doc Screenings con gli altri partecipanti europei, mentre l’Aamod offre cinque minuti di repertorio a Una volta sepolto di Rossella Anitori e Darel Di Gregorio, racconto del microcosmo del cimitero degli animali a Roma, inaugurato nel 1920 dalla gallina dei figli di Mussolini, , seguita a ruota dai beniamini degli aristocratici romani e poi diventata più democraticamente aperto a tutti.