Fra le molte giornate internazionali riconosciute dall’Onu c’è quella del wc, detta ufficialmente «Giornata mondiale dei servizi igienici» e celebrata il 19 novembre. Poiché i problemi andrebbero affrontati non solo nelle date iconiche, e visto che si piscia e si caga ogni giorno, apposta torniamo sull’argomento. Se accostata a drammi come corruzione, diritti umani, violenza contro le donne, tratta umana o rifugiati, la celebrazione del diritto al wc potrebbe sembrare di urgenza secondaria, quasi quanto quella delle vedove (23 giugno), degli asteroidi (30 giugno), dello yoga (21 giugno), della luna piena (17 maggio) o dei legumi (10 febbraio).

Premesso che ognuno di questi temi conta, sul gabinetto c’è molto da dire e pure da fare visto che il 40% della popolazione mondiale la fa all’aria aperta e che secondo l’Oms l’80% delle malattie è legato alla mancanza di un sistema di acqua pulita. In India, per dire, il problema è così urgente che il presidente Narendra Modi nel 2015 inserì la costruzione di 110 milioni di water nel programma di governo.

Sulla necessità di possedere un cesso gli indiani hanno persino girato un film d’amore, Toilet, ispirato alla storia vera di una coppia in cui lei minacciò di lasciare il marito se lui non avesse fornito la casa di una toilette. A ben guardare, nemmeno noi occidentali siamo messi bene perché, benché attentissimi a fogge e materiali dei wc, continuiamo a sprecare una quantità enorme di acqua, in media 9 litri, ad ogni tirata di sciacquone. Oltre tutto si tratta di acqua potabile e non si capisce perché si debba usare un bene così prezioso per pulire un cesso. I giapponesi, che sono maniaci dell’igiene e da anni producono i wc più performanti al mondo, hanno studiato modelli che restano immacolati usando solo 3,8 litri di acqua perché dotati di una sorta di tornado. Esiste anche la versione con bordo anti rimbalzo pipì, raccomandata a chi teme l’incrinamento di relazioni causa tavoletta schizzata.

All’obiettivo «Un cesso per tutti» stanno dedicando denaro ed energie due celebrità. Il primo è Bill Gates che, in virtù di questo impegno, ormai si dice sia passato dai pc ai wc. La fondazione sua e della moglie Melinda dal 2011 promuove, e ha finanziato con 200 milioni di dollari, il Reinvent the toilet change, un collettore di ricerche e iniziative che al relativo Expo tenutosi a Pechino nel 2018 ha ottenuto l’impegno di molte banche a investire 2 miliardi e mezzo di dollari in progetti di sanificazione in varie parti del mondo.

Il business, oltre a essere redditizio perché secondo l’Oms per ogni dollaro investito ne ritornano 5,5, potrebbe risolvere un sacco di problemi là dove l’igiene scarseggia. I team di ricerca sostenuti dalla fondazione Gates hanno ideato delle toilette che non hanno bisogno di fogne perché dotate di meccanismi capaci di trasformare la cacca in carburante e l’urina in acqua potabile. Potremmo sempre suggerirli ai 91 comuni italiani (51 solo in Sicilia) la cui rete fognaria non è ancora a norma.
Il secondo, e molto più pittoresco, personaggio è l’uomo d’affari Jack Sim, detto anche Mister Toilet, Super Cacca o signor Merda.

Nato nei sobborghi di Singapore, Sim è così dedito ad abbattere il tabù della defecazione che, oltre a farsi costruire una gigantesca villa a forma di wc, il 19 novembre 2001 ha fondato la World Toilet Organization che, grazie al progetto Sanishop, ha contribuito a costruire latrine e bagni in Cambogia, India, Cina, Mozambico. «Il problema – dice – è che nel mondo la gente possiede più telefoni che gabinetti». In effetti sarebbe meglio il contrario.

mariangela.mianiti@gmail.com