Le lacrime di Chios: già il nome racchiude l’incipit di una storia. Può capitare in Grecia di trovarle nei supermercati al banco del fresco, là dove in Italia a volte ci sono le spezie per gli arrosti o lo zafferrano (che ha tutta un’altra storia affascinante, che dall’Asia passa per Creta e arriva in Abruzzo). Sono vendute dentro bustine trasparenti come quelle delle caramelle, gocce gommose giallognole e irregolari, lacrime di resina secrete da un arbusto, il Lentisco (Pistacia lentiscus nella classificazione di Linneo), nella varietà che cresce nell’isola di Chios, nell’Egeo orientale.

QUESTA GOMMA NATURALE è chiamata mastikà, la translitterazione è mastiha senza k, e appunto si mastica (l’etimo è connesso a quello del verbo e contamina anche il termine italiano mastice), il gusto sembra insipido da principio, ma poi lascia un sentore di macchia mediterranea, di fresco e balsamico. L’antico chewing gum ellenico si produce nell’isola greca anche se il lentisco è pianta, sempreverde e con poche esigenze (le basta un terreno povero, non teme la siccità), diffusa in tutto il Mediterraneo accanto a olivastro, mirto, melissa officinale e lavandula, e se ne ricavano prodotti richiesti per le loro mille virtù: espettoranti, antimicrobici e analgesici; leggere alla voce «olio essenziale di» per farsi un’idea.

LA MASTIHA XIOU PERÒ È DIVERSA da tutte le altre e questo ha segnato la storia e le sorti economiche e sociali dell’isola ritenuta patria di Omero, se mai fosse esistito, nonché di Cristoforo Colombo: a prescindere dalla scarsa fondatezza delle teorie, l’attribuzione di cotanti natali testimonia quantomeno il fascino e il prestigio che il luogo ha sempre esercitato in virtù della sua posizione geopolitica (avamposto ellenico a nove miglia marine dalla Turchia) e soprattutto della sua produzione di mastiha. Un genere voluttuario benedetto (i cristiani vollero riconoscere nelle Lacrime quelle versate dal Lentisco al cospetto del martirio di Sant’Isidoro) che ha fatto gola a tutte le popolazioni che hanno dominato Chios: macedoni, romani, ottomani, veneziani, genovesi, tedeschi. Ognuna di esse ha lasciato un segno nell’isola che oggi ha strade che sembrano carrugi, elementi di architettura veneta e un monastero, Nea Monì, che dopo il Monte Athos e le Meteore rappresenta, oltre a un esempio altissimo d’arte macedone rinascimentale, un fondamentale baluardo della cultura bizantina.

TUTTI INDISTINTAMENTE HANNO TRATTO profitto dalla resina naturale, Roma ne aveva già compreso il potenziale economico nel 189 a.c. e il suo interscambio con Chios divenne ancora più centrale quando la sede dell’Impero fu spostata a Costantinopoli; i genovesi, che amministrarono in regime di monopolio il commercio della mastiha tramite l’associazione denominata Maona con un giro d’affari di 50.000 ducati all’anno, sono il popolo che forse ha più impresso la propria presenza nell’isola. Colombo difficilmente vide la luce sotto un Lentisco a Chios però pare certo che abbia visitato l’isola e apprezzato il business delle lacrime tanto da cercare di sfruttare poi le stesse piante rinvenute nelle Indie occidentali: niente da fare, l’arbusto produceva e produce la resina buona in cucina, farmacia, cosmesi, nell’industria delle vernici solo a Chios, dove viene ricavata da sempre con le stesse modalità tanto che il know how della sua coltivazione è stato dichiarato patrimonio culturale immateriale Unesco.

I CHIOTI, CHE TANTO E TANTI HANNO VISTO passare, sono gente abbastanza tosta da sempre; nell’isola, nel villaggio di Tholopotami, è stata rinvenuta un’epigrafe nota come «Legge di Chios» e, un po’ forzatamente ritenuta una «Costituzione di Chios» che precorre le rifome ateniesi di Solone: risalente al sesto secolo a.c. attesta, se non la nascita della democrazia nell’isola come inizialmente creduto, quantomeno la presenza a Chios già allora di organi politici pubblici, come la boule, aperti ad un largo numero di persone, di un «Consiglio legislativo del popolo» ed un ordinamento giudiziario. La strenua resistenza chiotacontro il dominio turco, e le sue tragiche conseguenze, è nota anche per essere stata rappresentata da Delacroix nella tela Il Massacro di Scio, esposta a Louvre.

CON LE ALTRE ISOLE DI CONFINE, Lesbos, Kos e Samos, è hotspot dal 2016 per migranti delle rotta Somalia-Turchia-Grecia: il sovraffollamento del campo di Vidal, la malnutrizione, la penuria d’acqua, i problemi di convivenza con parte della popolazione residente sono un fatto denunciato e abbastanza noto; forse meno conosciuta è l’esistenza di attivisti chioti che collaborano con volontari internazionali a supporto dei migranti anche attraverso progetti come quello di cucina popolare avviato da un ristoratore dell’isola, Chios People’s Kitchen «un posto per l’empowerment dei rifugiati che fanno volontariato qui ed è anche un esempio positivo per l’intera comunità perché mostra come i rifugiati possano vivere e lavorare accanto ai residenti dell’isola in modo pacifico, armonioso e con successo».

I CHIOTI PIÙ OSTILI ALLA PRESENZA dei richiedenti asilo lamenta una diminuzione di flussi turistici dal 2016, ovvero l’anno dell’accordo UE-Turchia che ha trasformato Chios in «isola di attesa»; chissà se una ripartenza in termini di attrattività possa cominciare proprio dai coltivatori di mastiha. Esistono già pacchetti che offrono l’esperienza della raccolta delle lacrime dalle incisioni su tronchi dei lentischi dell’isola, segnatamente di quelli che crescono nella parte meridionale di Chios dove, per via del clima particolarmente caldo e secco, si concentrano i Mastihohora (villaggi della mastiha).

LA RESINA CITATA DA VERNE, conosciuta da Erodoto, Eliogabalo, Galeno, Paracelso, ricercata come cosmetico negli harem bizantini e aggiunta nei cordiali della nobiltà medioevale italica, è prodotta da lentischi di almeno cinque anni di vita, soprattutto maschi, con una resa annua media di 150-180 grammi. I coltivatori di mastiha sono organizzati in 20 cooperative legate ai 24 villaggi produttori; i 20 gruppi sono a loro volta riuniti in un’associazione-cooperativa agricola obbligatoria fondata nel 1938 per la gestione esclusiva della mastiha di Chios in Grecia e all’estero, a cui oggi aderiscono 4.500 agricoltori impegnati tutto l’anno nella produzione della gomma; in inverno si occupano di concimazione e potatura, cruciale il lavoro estivo di pulizia e livellamento del suolo e quello di intaglio della corteccia: lo chiamano kentos i Greci, il ricamo, eseguito con il piccolo strumento del kentitiri.

IL LENTISCO VERSA LE SUE LACRIME DOPO Ferragosto, la mastiha comincia a solidificarsi entro 20 giorni dalla prima incisione. Infine dopo l’estate arriva la raccolta, che avviene manualmente o con l’aiuto di scope, a cominciare dai pites, i pezzi più grandi di resina. Seguono elaborazione, confezionamento e commercializzazione internazionale della mastiha, come resina o sotto forma di gomme da masticare, olio, polvere, liquore.

Il procedimento che avviene perlopiù manualmente, lo scenario in cui si svolge, i gesti e l’abbigliamento degli agricoltori pressoché immutato nei secoli fermano nel tempo la produzione delle Lacrime in un flusso dove si mescolano e confondono quelle di San Isidoro e dei naufraghi somali.