Duecentosettanta miliardi di euro per 2,5 milioni di occupati: il settore agroalimentare è tra i principali motori dell’economia italiana, ma anche la narrazione di una storia che ci riguarda tutti. Parla delle nostre origini, delle nostre tradizioni, del destino dell’ambiente nel Paese in cui viviamo, e anche di quella pletora di stelle, cappelli, forchette che popolano i nostri sogni ma possono trasformarsi in incubi. Perché, come nella famosa favola, Biancaneve muore per colpa di una lucida mela, nel 1986 c’è chi allunga vino da tavola con il metanolo scatenando 19 morti e un’ondata di avvelenamenti, mentre nel 2014 si mettono in commercio dei Wine kit per 28 milioni di euro per fare Amarone, Barolo e Valpolicella senza una sola goccia di vero succo d’uva. In Hansel e Gretel, i due fratellini ritrovano la strada di casa seminando piccoli ciottoli bianchi nel bosco, e allo stesso modo, dopo lo scandalo della Mucca Pazza, il legislatore ha disposto che si segua lungo tutta la strada, dalla stalla al piatto, la crescita e la trasformazione dei bovini, accertandosi e assicurando con specifiche etichette che non vengano più contaminati. C’è del marcio nel piatto: come difendersi dai draghi del Made in Italy che avvelenano la tavola è una favola delle favole che si raccontano sul cibo italiano compilata dal magistrato antimafia Gian Carlo Caselli, oggi Presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, e dal docente di Diritto Agroalimentare all’Università di Tor Vergata Stefano Masini (Piemme editrice – 17,5 euro).

«Se vogliamo evitare il paradosso di trasformare il cibo, ciò che ci permette di vivere, in qualcosa capace di ucciderci – avverte l’anima di Slow Food Carlo Petrini nella prefazione al volume – è necessario compiere scelte consapevoli». Questo volume, che racconta i più famosi ma anche i meno noti casi di sofisticazione alimentare come se fossero fiabe per i bambini, spaventa, appassiona ma educa, alla fine, il cittadino-consumatore a fare scelte più consapevoli. Nelle pagine del volume si infrangono molti miti. Dalla possibilità di produrre una salsiccia in provetta o del latte sintetico, che siano buoni e sani anche più degli originali. Che alcuni cibi, arricchiti di vitamine, antiossidanti, filtri di gioventù, ci facciano davvero bene. Che con l’avvento del supermercato e del primo Carosello, messo in onda nel 1957, l’industria agroalimentare non abbia la tentazione di rendere, come Pinocchio, i propri racconti su incarti e etichette più accattivanti e rassicuranti di quanto contengano.

La favola più pericolosa, sembrano suggerire gli autori, è proprio quella raccontata dalla pubblicità. Come Aladino che, grazie al Genio della lampada, struscia, gratta e evoca un po’ quello che vuole, «l’industria delle pubbliche relazioni ha sempre mirato a irregimentare la mente della gente tanto quanto fa un esercito di soldati», ammoniva il mediologo Noam Chomsky. Il processo di colonizzazione del nostro immaginario compiuto dall’industria agroalimentare e tratteggiato dagli autori, è quella spinta a «mettere in commercio cibi in grado di instaurare nel cervello un desiderio forte e pressoché irresistibile di consumarne di più». Tocca a noi aprire gli occhi e chiudere la bocca di fronte ai piatti-spazzatura. Informarci ed essere responsabili, grazie a libri come questo, di ciò che compriamo e delle conseguenze che la nostra spesa porta a noi stessi e al pianeta. E per questo non c’è tassa, semaforo o regola più efficace della nostra volontà di conoscere e scegliere.