Al BiFan, Festival cinematografico sudcoreano di Bucheon, si è tenuto domenica scorsa un incontro di studiosi, esponenti dell’industria e cineasti per discutere del problema dei monopoli nel mondo del cinema coreano, «che arreca danno – spiega il ricercatore del Korea Film Council Jeong In-seon – alla distribuzione nei cinema del Paese di quei film che non sono gestiti dai sei principali distributori sudcoreani, e influisce in negativo anche sulle vendite dei biglietti».
I tre principali conglomerati del Paese – CJ CGV, Lotte e Megabox – integrano infatti verticalmente produzione e distribuzione, e «da soli controllano il 93% del mercato» ha illustrato il professore della Korea University Park Kyung-sin. La sola CJ dal 2013 a oggi ha incassato quasi la metà (il 47%) del box office complessivo del paese asiatico.

«Agli esercenti è inoltre richiesto di garantire ai film una finestra di almeno una settimana consecutiva in sala – ha continuato Jeong – ma ai piccoli film sono spesso dati strani orari di proiezione, come l’una del mattino».
Il problema del monopolio non può però essere risolto senza interventi strutturali sull’assetto dell’industria, e in particolare con provvedimenti di legge che smembrino l’integrazione verticale delle major. Parlando con l’«Hollywood Reporter», Park ha proposto una soluzione simile a quella adottata a Hollywood nel 1948 – il Paramount anti-monopoly decree, che impediva ai principali Studios di possedere grandi catene cinematografiche: «È imperativo battersi per una legge come il Paramount Decree, che ha permesso la fioritura anche dei film più ’piccoli’. In precedenza, anche grandi produttori come Walt Disney o Charlie Chaplin potevano andare incontro a difficoltà».