Nel corso del primo comizio del 2021 in vista del voto in Georgia, entrambi i presidenti, l’uscente Trump e l’entrante Biden, si sono recati nello Stato del sud per sostenere i candidati senatori del loro partiti. Se Biden ad Atlanta ha parlato di quel voto e di quella elezione, la retorica rabbiosa di Trump è rimasta ancorata a novembre: «I democratici non prenderanno questa Casa Bianca, combatteremo come dannati» ha tuonato, accusando di vigliaccheria i colleghi repubblicani, «guardiani deboli ed inefficaci della nazione», che non hanno contestato i voti «fraudolenti», visto che «non c’è verso che abbia perso».

QUESTA SICUREZZA è quanto basta a Trump e alla sua base per ritenere un risultato elettorale illegittimo e per definire «senza spina dorsale e corrotti» i repubblicani che non abbracciano la stessa posizione.Trump si è appellato al vice presidente Mike Pence, dicendo di sperare «che il nostro grande vice presidente venga con noi».

Durante il comizio c’è stato un solo riferimento distratto al tentativo di coinvolgere il segretario di Stato della Georgia, Brad Raffensperger, in un golpe, evento reso pubblico dalla registrazione di una telefonata diffusa dal Washington Post, anche se fuori dall’universo Trump il caso è tutt’altro che archiviato. Alcuni pubblici ministeri, avvocati e funzionari pubblici hanno chiesto formalmente che vengano intraprese delle indagini penali per accertare se il presidente abbia violato la legge durante la telefonata a Raffensperger.

Tutto ciò mette quasi in ombra quello che è un voto cruciale, visto che l’esito del ballottaggio in Georgia è di importanza decisiva per il futuro del Paese: un’eventuale vittoria dei candidati democratici consegnerebbe loro la maggioranza anche al Congresso, mentre una vittoria repubblicana legherebbe le mani all’amministrazione Biden. Mentre scriviamo non sappiamo ancora il risultato del ballottaggio e considerando che la Georgia ha avuto bisogno di una settimana e mezzo per conteggiare il voto delle presidenziali, non ci si aspetta un risultato veloce, di sicuro sappiamo che con più di 100 milioni di dollari spesi per le campagne elettorali dei candidati, questo è il voto locale più costoso della storia Usa, e da ciò si deduce che la sua rilevanza va ben al di là della Georgia.

MENTRE ANCORA SI CONTANO i voti, oggi il Congresso è chiamato a certificare i risultati del collegio elettorale, a opera del vice presidente davanti al Congresso riunito. Quest’anno ci si aspetta che i voti del Collegio elettorale vengano contestati, poiché un gruppo di irremovibili alleati di Trump intende opporsi. 140 deputati repubblicani e 12 senatori Gop guidati da Ted Cruz hanno il potere di fermare la certificazione del voto e costringere entrambe le Camere a riunirsi per valutare se la contestazione ha senso o meno. C’è un precedente di questo tipo e risale al 2016, quando l’allora VP Joe Biden liquidò in pochi minuti le deboli contestazioni alla vittoria di Trump.

QUEST’ANNO invece Trump si appella a Pence e ha chiesto ai suoi elettori di recarsi in forze a Washington per una manifestazione «selvaggia» e senza esclusione di colpi per ribaltare il risultato elettorale. Si teme un’infuocata seduta del Congresso, e che per strada scoppino tafferugli tali da consentire a Trump di invocare l’Insurrection Act, che consente al presidente di usare la forza militare.

In vista della manifestazione a Washington ci sono stati arresti preventivi come al capo del gruppo di estrema destra dei Proud Boys, con il motivo a dir poco pretestuoso di aver bruciato uno striscione rubato a Blm.