La legge è uguale per tutti? Qualche dubbio viene, di fronte al colpo di spugna con cui la Cassazione ha annullato senza rinvio le 19 condanne inflitte nel 2014, nel processo di appello bis, per i lavori di costruzione in Mugello della linea ad alta velocità Firenze-Bologna. Dopo ben quindici anni dall’apertura dell’inchiesta, con le riprese televisive Rai delle gallerie allagate che fecero fremere di indignazione l’opinione pubblica, e al termine di un procedimento giudiziario tortuoso e soprattutto lunghissimo, la magistratura ha sentenziato che gran parte dei reati ipotizzati dalla procura fiorentina non ci furono, e se ci furono sono stati prescritti dal tempo.

Al comitato No tunnel Tav di Firenze si tirano le somme dell’accaduto: «Non siamo tanto interessati a condanne o ad assoluzioni, quanto invece al quadro che emerge dalle inchieste della magistratura su quella infelice vicenda. Anche se qualcuno sarà anche tentato di dire che non è successo nulla durante lo scavo della galleria appenninica, quel che resta sono i fiumi e i torrenti seccati, le sorgenti inaridite, le campagne con terre inquinate che nessuna sentenza potrebbe riparare, un progetto cialtrone che ha lasciato una profonda ferita sul territorio e negli abitanti del Mugello».
È la verità storica, cui si contrappone però un’assoluzione generale che lascia molto amaro in bocca di fronte a un progetto disastroso. Un progetto, scrivevano i consulenti tecnici della procura, in cui allo scopo di velocizzare i lavori si era voluto deliberatamente impattare le falde acquifere sotterranee. Con risultati finiti sotto gli occhi di tutti.

L’inchiesta coordinata dai pm Giulio Monferini e Gianni Tei aveva puntato fin dall’inizio sulle disinvolte procedure di smaltimento delle terre di scavo, intrise di sostanze inquinanti e finite nelle falde acquifere, lungo il percorso di 78,5 km, di cui 73,3 in galleria, della Bologna-Firenze. In parallelo i due pm avevano accusato i vertici del consorzio Cavet (al 75% di Impregilo), costituito per l’appalto per i lavori di costruzione della linea ferroviaria, di aver disseccato torrenti, sorgenti e corsi d’acqua nel Mugello.

Quest’ultima imputazione era però già caduta in primo grado, nonostante l’evidenza dei fatti e dopo cinque lunghi anni di processo, perché il codice penale punisce solo un riconosciuto, evidente comportamento doloso per i danni alle falde e ai corsi d’acqua.

Restavano le altre ipotesi di reato, che dopo un lunghissimo iter giudiziario (assoluzione generale in appello nel 2011, rinvio della Cassazione a un nuovo processo d’appello nel 2013, secondo processo d’appello nel 2014) erano state ritenute plausibili. Così 19 imputati erano stati condannati: Carlo Silva, Pierpaolo Marcheselli e Franco Castellani, dirigenti di Cavet, per traffico illecito di rifiuti. Alberto Rubegni, presidente Cavet e anche ad di Impregilo, e Giovanni Guagnozzi, direttore generale di Cavet, per omessa bonifica. Soprattutto i giudici avevano riconosciuto il consorzio Cavet responsabile civile di quanto accaduto, con l’obbligo di bonifica e il ripristino dei luoghi danneggiati dai lavori.
Un’impresa assai costosa – almeno 150 milioni di euro secondo i giudici, cinque volte tanto secondo i pm, – che adesso non dovrà più essere intrapresa. Di qui la comprensibile soddisfazione di Antonio D’Avirro, autorevole legale che difendeva il consorzio: «Assolvendo perché “il fatto non costituisce reato” – spiega il penalista – i giudici hanno ritenuto che i vertici di Cavet non abbiano agito con dolo, e anzi abbiano cercato un confronto con la pubblica amministrazione per definire la gestione delle terre di scavo. Quanto agli altri reati, fra cui l’omessa bonifica di alcuni corsi d’acqua inquinati, sono stati prescritti».

Per capire nel dettaglio le ragioni della sentenza, occorrerà aspettare le motivazioni della Cassazione. Per certo D’Avirro si dice sicuro che l’assoluzione legata alle terre di scavo avrà riflessi sugli altri lavori delle grandi opere in corso nel capoluogo toscano: «Dal sottoattraversamento Tav – puntualizza – alle terze corsie autostradali». Proprio su un tratto di queste ultime, nel tratto tra Firenze sud e Incisa Valdarno, Società autostrade ha presentato un progetto così impattante – cancellando l’intera valle dell’Isone – che le proteste popolari, anche istituzionali, hanno fatto rinviare la decisione finale.