Non si può né nascere né morire in pace, ripetono in queste ore gli afghani. Abituati alla guerra ma increduli di fronte ai due attacchi che ieri hanno colpito il reparto maternità di un ospedale a Kabul e un funerale nella provincia di Nangarhar, al confine con il Pakistan.

L’attacco all’ospedale nel quartiere di Dast-e-Barchi è cominciato al mattino ed è proseguito per circa cinque ore, tante ne sono servite alle forze speciali per eliminare i 4 attentatori.

I militanti non hanno esitato a colpire le donne e le infermiere del reparto maternità dell’ospedale, gestito dall’organizzazione non governativa Medici senza frontiere. Il bilancio è provvisorio: secondo il ministero dell’Interno, ci sono almeno 12 vittime adulte, tutte mamme o infermiere, e due neonati.

Molti altri pazienti sono stati tratti in salvo dalle forze di sicurezza locali, sopravvivendo a quello che Patricia Gossman, direttrice per l’Asia di Human Rights Watch, ha condannato come «crimine di guerra».

L’attacco è avvenuto nel quartiere Dast-e-Barchi, abitato soprattutto dalla comunità hazara, la minoranza sciita bersaglio privilegiato della branca locale dello Stato islamico, la cosiddetta «Provincia del Khorasan».

Dopo aver perso alla fine del 2019 le proprie roccaforti militari nella provincia di Nangarhar, la Provincia del Khorasan ha subito altre perdite importanti nei giorni scorsi, quando i servizi segreti afghani hanno catturato a Kabul il leader del gruppo, Zia ul-Haq, conosciuto anche come Omar Khorasani, insieme ad altri pezzi da novanta del movimento. Per gli analisti, l’attacco all’ospedale potrebbe essere una reazione a questi arresti.

L’attentato nella provincia di Nangarhar è avvenuto durante il funerale di un comandante delle cosiddette «forze di rivolta popolari», filo-governative ma spesso responsabili di crimini, e ha provocato la morte di almeno 24 persone e il ferimento di altre 70.

Mentre nel nord del Paese, nella provincia di Balkh, ieri decine di dimostranti hanno protestato, portando per strada i corpi di una quindicina di persone. Per i dimostranti erano innocenti, uccisi in un attacco aereo del governo. Per il ministero della Difesa, erano Talebani colpiti mentre preparavano attentati.

I Talebani hanno dichiarato di non aver alcuna responsabilità negli attentati di ieri, che avranno però conseguenze rilevanti. Il presidente Ashraf Ghani si è rivolto alla nazione, annunciando in tv che le forze di sicurezza abbandoneranno la postura da «difesa attiva», adottata negli ultimi mesi per favorire il dialogo con i Talebani, mai realmente iniziato a dispetto dello scambio «reciproco» di prigionieri.

Ora si torna ad attaccare il nemico, dice Ghani. Dopo la firma nel febbraio 2020 dell’accordo politico con gli Usa, i Talebani hanno tenuto alto il livello dello scontro con le forze afghane e il governo di Kabul, e hanno sempre rifiutato di aderire al cessate il fuoco umanitario invocato dalle Nazioni unite e dallo stesso Ghani.

Una tregua sempre più necessaria: il numero dei contagiati da Covid-19 è arrivato a 5mila. Gli ospedali sono pochi e male attrezzati. I pochi efficienti, vengono colpiti dai terroristi.