Qutayeb Odeh elenca le case che la sua famiglia, gli zii e i cugini stanno per perdere a favore dei coloni israeliani di Ataret Cohanim. «Viviamo in quelle case da decenni – dice – si trovano qui a Batn al Hawa e a Bustan e in altro rione di Silwan. Da anni le difendiamo nelle aule dei tribunali e abbiamo speso tanti soldi in avvocati». Non c’è stato nulla da fare. «La corte di Gerusalemme – aggiunge Odeh – alla fine ha dato ragione ai coloni, dice che le terre dove sono le nostre case appartenevano prima del 1948 (quando è nato lo Stato di Israele, ndr) ad ebrei e che Ataret Cohanim ne è  custode legale. Finiremo in strada, noi e i nostri figli».

 

Le famiglie Odeh, Dweik e Sweiki, in totale 86 persone, tra cui anziani e bambini, saranno sfrattati dalle loro case a seguito delle sentenze di giudici israeliani di vario grado. Grida vittoria Ataret Cohanim che si definisce una istituzione religiosa ma in realtà è una espressione della destra radicale. Questa organizzazione lavora da decenni alla «riconquista» dei quartieri arabi, dentro e intorno alla città vecchia di Gerusalemme. E agisce «acquisendo» in vario modo case e edifici palestinesi con la sua «immobiliare», la Elad. Ataret Cohanim poggia la sua missione su di una legge approvata dopo l’occupazione della zona Est (araba) di Gerusalemme nel 1967 che permette di reclamare le proprietà appartenute ad ebrei residenti nella città prima del 1948 e in cui oggi vivono palestinesi. Questi ultimi, al contrario, non possono fare altrettanto con le loro proprietà nella zona Ovest (ebraica), confiscate dallo Stato di Israele con la Absentees Property Law, legge approvata nel 1950 che sancisce che la confisca di proprietà di palestinesi che non erano fisicamente presenti nelle loro case in un certo momento della guerra del 1948. Proprietà poi assegnate a cittadini israeliani. Ataret Cohanim ha chiesto e ottenuto che siano sfrattati i palestinesi. E pretende un risarcimento da 600mila shekel (circa 150mila euro). Senza una casa si ritroveranno anche 12 bambini e ragazzi e un anziano Mazen Dweik, malato e dializzato.

 

Silwan, ai piedi della città vecchia, da oltre trent’anni è al centro della continua penetrazione di estremisti e coloni israeliani che la ritengono il sito in cui sorgeva la biblica città di Davide. Qualche anno fa i coloni vi hanno aperto un parco archeologico – visitato ogni anno prima della pandemia da centinaia di migliaia di turisti israeliani e stranieri – con l’intento di dare una base storica al racconto biblico ed affermare il loro «diritto» sulla zona. Il caso di Batn al Hawa è un ulteriore sviluppo. Il rione è cresciuto nell’area del «Villaggio yemenita», un quartiere ebraico fondato nell’Ottocento ed evacuato dal governo del Mandato britannico in Palestina durante la rivolta araba del 1936-39. Parecchi decenni dopo, intorno al 2000, Ateret Cohanim ha preso il controllo della custodia ebraica Benvenisti, registrata come proprietaria di terreni dove sorgono le case palestinesi. Quindi i coloni hanno avviato procedimenti legali contro le famiglie vi risiedono e sono riusciti già a sfrattarne una parte. E mentre si attende l’esito di altre decine di azioni legali, prosegue il progetto per l’apertura a Batn al Hawa di un centro culturale per israeliani di origine yemenita con un investimento di un milione di euro.

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Nei giorni scorsi i coloni a Gerusalemme hanno ottenuto altre vittorie, giunte proprio dopo la sconfitta di Donald Trump, il presidente Usa che ha aperto praterie alla colonizzazione israeliana dei Territori palestinesi occupati. Si cerca di fare in fretta, spiega Peace Now, prima dell’ingresso alla Casa Bianca di Joe Biden che potrebbe avere un atteggiamento meno compiacente. Avanzano perciò i procedimenti contro dozzine di famiglie palestinesi di Sheikh Jarrah che vivono, anche in questo caso, in abitazioni appartenute ad ebrei prima del 1948. Un mese e mezzo fa, la Corte israeliana di Gerusalemme si è pronunciata a favore dell’impresa edile Nahalat Shimon, legata ai coloni, e ha ordinato lo sgombero di quattro famiglie, tra le quali la Sabbagh che vive a Sheikh Jarrah da 64 anni. Aveva proprietà a Giaffa che non ha mai potuto riottenere.