Si è conclusa ieri in Colombia la campagna per il secondo turno delle presidenziali, che si svolgeranno domenica prossima. Il 15 si presentano alle urne Oscar Ivan Zuluaga, che ha ottenuto la maggioranza relativa il 25 maggio e l’attuale presidente, Manuel Santos. Due figure appartenenti alla destra, i cui programmi per il paese non presentano differenze di campo.

Lo scontro verte soprattutto sul processo di pace, in corso all’Avana con la principale guerriglia del paese (i marxisti delle Farc) e avviato anche con la seconda guerriglia (i guevaristi dell’Esercito di liberazione nazionale – Eln). I negoziati durano dal novembre del 2012, sotto l’egida di Cuba, della Norvegia e del Venezuela. Sabato, Santos ha incassato uno storico annuncio proveniente dall’Avana: l’accordo di principio sul quinto dei punti in agenda. Riguarda il capitolo delle 6.000 vittime del conflitto armato che dura da mezzo secolo. Dieci le voci contemplate dal documento congiunto tra governo e guerriglia. Ruotano intorno alla partecipazione al dialogo delle persone colpite, al risarcimento, alla riconciliazione e alla ricostruzione della verità: stabilire le molteplici cause, origini ed effetti del conflitto – dice l’accordo – è parte fondamentale per la costruzione di una pace stabile.

E solo le riforme contemplate nell’Accordo finale garantiranno la conclusione effettiva del conflitto. Per la ripresa del prossimo ciclo di incontri, teso a concretizzare il punto 5 dell’agenda, le parti sollecitano la collaborazione dell’organizzazione delle Nazioni unite in Colombia e quella del Centro de pensamiento y seguimiento al dialogo de paz dell’Università nacional che stanno organizzando tre forum sul tema, già programmati. Le organizzazioni delle vittime sono state invitate a partecipare al dialogo, e hanno salutato con favore la decisione. E’ stata anche creata una commissione di genere, composta dalle delegazioni, per esaminare sotto questo profilo gli accordi raggiunti, con l’appoggio di esperti ed esperte a livello internazionale. A conclusione dell’accordo, le Farc hanno dichiarato una nuova sospensione delle attività militari, da ieri e fino al 30 giugno. «È solo un annuncio», ha commentato l’ex presidente Alvaro Uribe a proposito dei negoziati. L’attuale senatore Uribe è il più acerrimo nemico dei dialoghi dell’Avana e ha deciso di sparare a zero sul ramoscello d’ulivo ostentato dal suo ex ministro della Difesa come chiave per la rielezione. Zuluaga, che corre per il Centro democratico, fondato e diretto da Uribe, ha sostenuto l’intransigenza dell’ex presidente nel corso dell’ultimo scontro televisivo con Santos, candidato per la Coalicion della Unidad Nacional (che comprende il Partito della U, il Liberal e Cambio radical). Zuluaga ha assicurato che, se vince, metterà fine alle buone relazioni con il Venezuela di Nicolas Maduro e condizionerà i Dialoghi dell’Avana a forche caudine inaccettabili per la guerriglia.

Entrambi i candidati si sono rivolti ai contadini, sul piede di guerra dall’estate scorsa contro le misure neoliberiste e i Trattati di libero commercio. Zuluaga ha promesso che non firmerà altri trattati, ma che garantirà l’applicazione di quelli attuali. Santos ha chiesto scusa per le parole intransigenti pronunciate durante l’ultimo sciopero dei contadini e ha riconosciuto “l’abbandono secolare” in cui versano le campagne. Per i contadini e per i settori popolari impoveriti dalla svendita delle risorse e dalle priorità belliciste dei governi colombiani, la retorica conta poco. Organizzazioni e movimenti appoggiano i negoziati per il forte contenuto di cambiamento che propongono a quella parte di società tradizionalmente esclusa dal festino capitalista. E il dibattito sul sostegno elettorale a Santos attraversa le organizzazioni indigene e i settori sociali alternativi.

Una parte della sinistra e dell’associazionismo ha costituito il Frente Amplio, per appoggiare Santos ma anche per garantire il rispetto dei futuri accordi di pace e delle riforme. Altre organizzazioni, invitano comunque a non andare a votare. Al primo turno, l’astensione ha superato il 60%. Hanno disertato le urne in massa i colombiani residenti all’estero, che ieri hanno cominciato a esercitare il proprio diritto di voto. Gli aventi diritto sono in totale 559.952 . Risiedono soprattutto a Caracas (in Venezuela), a Miami (negli Usa), a New York e a Madrid.