Un gruppo di uomini armati ha sparato contro Imelda Daza, attivista per i diritti umani e leader del partito Union Patriotica (Up), durante una riunione politica. L’attentato ha avuto luogo nella città di Cartagena (dipartimento di Bolivar, al nord del paese), mentre Daza stava discutendo con esponenti del Partito comunista colombiano, del movimento Marcha Patriotica e del sindacato Argos, che appoggiano il processo di pace in Colombia. Una granata è stata lanciata nel locale, poi sono arrivati gli spari.

Gli uomini di scorta a Daza, candidata al governatorato del dipartimento di Cesar (alla frontiera con il Venezuela) alle regionali dello scorso ottobre, hanno risposto al fuoco, mettendo in fuga gli assalitori e salvando la vita ai presenti. Vi sono stati però diversi feriti. Di recente, anche la ex senatrice Piedad Cordoba è sfuggita per miracolo a un attentato, sempre grazie alla pronta reazione della sua scorta. Daza, tornata in Colombia dopo quasi trent’anni di esilio in Svezia, seguito al massacro della Up, ha denunciato di aver ricevuto costanti minacce.

Intanto, in un momento cruciale per la ricerca di soluzione politica al cinquantennale conflitto armato, la guerriglia marxista Farc ha insistito nel porre la necessità di un Accordo speciale sulla pace da includere nei documenti sul Diritto internazionale umanitario. Per questo, i guerriglieri hanno ribadito la richiesta di essere ascoltati dalla Corte costituzionale colombiana che sta disponendo il quadro giuridico dell’eventuale post-accordo (secondo il presidente Santos, potrebbe essere firmato a giugno).

Le Farc chiedono anche garanzie per la loro trasformazione in movimento politico legale e la fine del paramilitarismo. I meccanismi che regolerebbero l’accordo sono oggetto di discussione all’Avana in questa fase, dopo l’accordo, il 23 settembre del 2015, sulle vittime e le responsabilità nel conflitto armato.