C’è un’attenzione particolare, in America latina e fuori, per le prossime elezioni regionali, che si svolgono in Colombia domenica e in cui si eleggono i governatori dei 32 dipartimenti del paese. Non perché i meccanismi istituzionali presentino novità sostanziali, capaci di garantire una reale partecipazione politica in sicurezza alle forze del cambiamento. Nonostante forti mobilitazioni popolari e un’opposizione armata che dura da oltre cinquant’anni, il sistema non è andato oltre alcune riforme spinte al Congresso da settori progressisti.

Le elite politiche incastonate nel potere si oppongono alla possibilità di accesso istituzionale da parte delle rappresentanze popolari. Il sistema politico colombiano è stato gestito da governi di destra che rispondono alle oligarchie del paese, al clientelismo politico, alle mafie elettorali, alla corruzione, al paramilitarismo e all’abbandono dei contadini poveri e dei ceti meno favoriti.

Fra le tante chiusure, una legge elettorale consente la partecipazione alle urne solo alle formazioni che abbiano una personalità giuridica. Per ottenerla, occorre tra l’altro aver partecipato a precedenti elezioni. Per questo, alcune organizzazioni nuove come il movimento Marcha Patriotica, il Congreso de los Pueblos e altre che formano il Frente unido por la Paz, non possono presentarsi direttamente alle elezioni. Hanno dovuto così trovare un accordo con la sinistra moderata del Polo democratico, che “presterà” il proprio simbolo in alcuni collegi e circoscrizioni ai candidati del Frente, sia di Marcha Patriotica che di altre organizzazioni popolari alleate.

Ma questa sperimentazione è il principale sintomo di un cambiamento alle porte, nell’ambito del processo di pace in corso all’Avana tra la guerriglia marxista Farc (quella dell’Eln che ha avviato trattative in Ecuador) e il governo di Manuel Santos. La partecipazione popolare del Frente unido por la Paz viene considerata una prima palestra per quella che potrebbe portare alla partecipazione delle guerriglie alla vita politica. La riforma del sistema elettorale è peraltro uno dei punti affrontati nei dialoghi dell’Avana. Si spera che in caso di un accordo definitivo tra le parti, venga integralmente sostituito da un sistema nuovo.