«Sono arrivati in 30. Paramilitari. Ci hanno obbligati a uscire. Ci hanno rubato tutto. Hanno ammazzato mio padre, sindacalista dell’impresa Drummond». La voce di Maria Mendez non trema più. Da 15 anni racconta la sua storia e ha imparato a controllare le emozioni. Siamo nella sede romana di Re:Common, un’associazione che si batte per sottrarre al mercato e alla finanza il controllo delle risorse naturali. Da circa due anni, l’associazione lavora sul tema dell’estrazione del carbone in Colombia. In questi giorni, ha diffuso il rapporto «Profondo Nero», e un video-documentario dal titolo «La via del carbone», entrambi scaricabili sul sito web www.recommon.org.

Maria Mendez Barboza è figlia di Candido Jose Mendez, ex lavoratore della Drummond, ucciso il 19 febbraio del 2001 a Cruce De Chiriguana nel Cesar, in Colombia, dal Blocco paramilitare Juan Andrés Alvarez, delle Autodefensas Unidas. Con lei, vi sono Rodrigo Rojas e Wouter Kolk, due responsabili della Ong Pax, che da oltre sessant’anni lavora nelle aree di conflitto e post-conflitto per accompagnare le comunità nel loro progetto di ricostruzione. A luglio del 2014, dopo anni di ricerca, Pax ha pubblicato il rapporto «Il lato oscuro del carbone» che mette in luce le responsabilità delle grandi imprese Drummond e Prodeco nel paramilitarismo, a cui avrebbero fornito supporto finanziario e materiale, e informazioni sulle vittime da eliminare.

Analisi confermate dalla testimonianza di Maria Mendez: «Prima che i paramilitari facessero irruzione – racconta la sopravvissuta al manifesto – abbiamo visto aggirarsi delle auto dell’impresa Drummond e lo abbiamo detto a mio padre. Lui però non si è preoccupato, lo considerava normale. Invece, sono arrivati a casa. Sotto la minaccia delle armi, hanno separato mio padre dal resto della nostra famiglia. A un certo punto, però, mi hanno chiamato e li ho sentiti che lo interrogavano sulle sue attività sindacali, che all’impresa non erano affatto gradite. Poi abbiamo sentito dei colpi di arma da fuoco. Quando se ne sono andati, siamo corsi di là sperando di trovare mio padre ancora vivo, ma era in un lago di sangue. Lo avevano ammazzato con nove proiettili di una 9 millimetri e di fucile. Un mese dopo, hanno assassinato il presidente e il vicepresidente del sindacato, l’anno dopo il loro sostituto».

Solo nel Cesar sono state ammazzate 3.100 persone con omicidi mirati, 500 sono rimaste vittime di massacri e 240 di sparizioni forzate, attribuite tutte ai paramilitari del Frente Juan Andrés Alvarez (Frente Jaa) delle Autodefensas Unidas de Colombia. Nella zona mineraria del Cesar, la violenza dei paramilitari ha inoltre causato non meno di 59.000 vittime di espulsioni forzate. Il rapporto di Pax ha ufficialmente identificato 865 persone uccise dal Frente Jaa. In tutti questi anni, il compito dei paramilitari è stato quello di difendere gli interessi e la proprietà delle elite locali dall’azione organizzata dei contadini e della guerriglia. Un’attività che prosegue anche dopo la loro dissoluzione ufficiale, perché i paramilitari hanno solo cambiato nome. Nonostante il rischio quotidiano, Maria ha scelto però di battersi e di infondere coraggio anche al resto delle comunità. È la coordinatrice regionale di Pax, lavora con le vittime della violenza di stato, fornendo supporto giuridico e psicologico.

«Siamo presenti in 9 municipi – spiega – e adesso, nell’ambito dei dialoghi di pace che si stanno svolgendo all’Avana, ci rechiamo all’Assemblea contadina per la restituzione delle terre e il buen vivir. Io accompagno anche le vittime a incontrare gli assassini in carcere o nelle riunioni di riconciliazione. Ma non siamo sostenuti dallo Stato, né le imprese hanno fatto qualche passo per riconoscere il proprio ruolo nel conflitto, agendo per la riparazione e per la verità. Il 26 gennaio – racconta – accompagnando una comunità mi sono imbattuta nel paramilitare che ha ucciso mio padre. Gli ho posto una domanda diretta. Ha ammesso le sue responsabilità e le motivazioni politiche dell’omicidio, ma non ha fatto i nomi dei responsabili dell’impresa Drummond. Ogni giorno, per noi, il pericolo è costante. Le imprese continuano a servirsi dei paramilitari per toglierci la terra, e quasi sembra che le vittime siano loro. Ci hanno fatto credere che avrebbero portato lavoro e benessere, ma la maggior parte dei lavoratori viene da fuori, in compenso hanno devastato i fiumi, provocato inquinamento e malattie. Il carbone porta solo sofferenza e dolore».

Pax – spiega Rodrigo Rojas – ha partecipato a tutti i processi di pace in Colombia, sempre naufragati nel sangue. «Nel 1994, dopo gli accordi e la smobilitazione del Movimento armato M19, uno dei suoi dirigenti è stato ammazzato in un aereo. Anche questa volta, il rischio è che si ripeta il massacro compiuto contro i militanti della Union Patriotica». Il partito Union Patriotica è nato a metà degli anni ’80 durante i negoziati di pace tra l’allora governo di Belisario Betancur e la guerriglia marxista Farc. E fu subito oggetto di persecuzione. Negli anni ’90, agenti dello Stato colombiano e paramilitari attuarono un piano di sterminio che cominciò col togliere la vita a due candidati alla presidenza, otto deputati e 70 consiglieri comunali, 11 sindaci e un vasto numero di dirigenti politici.

«Questa volta – dice Rojas – dobbiamo pretendere garanzie necessarie al rientro in sicurezza della guerriglia nella realtà politica. Lo chiediamo agli organismi internazionali. La vera novità di tutti i processi di pace che si sono firmati in America latina è che questa volta vengono chiamate in causa le grandi imprese e la loro relazione diretta con il paramilitarismo. Solo così, la Colombia smetterà di essere un paese esportatore di violenza e di instabilità per i propri vicini, sede di innumerevoli basi militari Usa, e diventerà esportatore di pace. Intorno all’ambasciata Usa in Colombia, una delle più grandi del mondo, gravitano circa 13.000 funzionari più assessori militari e civili, addetti alla sicurezza o alle fumigazioni delle piantagioni illegali. Molte confessioni di comandanti, che cercano di uscire dal carcere centellinando per l’uso le loro dicharazioni, spiegano come il paramilitarismo si sia spostato in Venezuela e agisca nelle zone di frontiera per destabilizzare. Per risolvere il problema alla radice bisogna evidenziare le ragioni che provocano il paramilitarismo, le complicità e i finanziamenti. Oggi, le grandi imprese contrattano direttamente i mercenari, ovviamente con le dovute coperture. Chiediamo ai governi europei e alle imprese che importano il carbone insanguinato di rescindere i contratti con la Drummond e la Prodeco: fino a quando non abbiamo riconosciuto e riparato il danno provocato alle comunità».

La Drummond è un’impresa statunitense. Il gruppo Prodeco, sussidiaria al 100% della multinazionale svizzera Glencore Plc. Entrambe hanno ottimi rapporti con l’Europa. Per questo, Pax ha deciso di compiere questo giro nei paesi interessati. «Anche l’Italiana Enel, da cui abbiamo cercato senza esito di farci ricevere, deve rompere i contratti con le imprese insanguinate – dice Wouter Kolke – lo chiediamo anche al governo Renzi e speriamo che, il 26 maggio, l’assemblea degli azionisti Enel deciderà in tal senso».