Giovedì Kim Jong-un ha annunciato che le sue truppe erano «quasi in stato di guerra» e ha minacciato ulteriori azioni militari, se la Corea non avesse messo fine alla sua «guerra psicologica» contro il Nord entro 48 ore. Ieri – secondo quanto comunicato da Seul – le due parti si sarebbero incontrate per arrivare ad una fine a questa mini crisi emersa nei giorni scorsi.

L’incontro di Panmunjon è stato confermato anche dall’agenzia stampa ufficiale di Pyongyang, la Kcna. All’incontro avrebbero partecipato da parte nordcoreana Hwang Pyong So, direttore dell’ufficio politico dell’esercito e fra i più stretti collaboratori del leader nordcoreano Kim Jong Un, e Kim Yang Gon, direttore del dipartimento del Fronte Unito, che si occupa dei rapporti fra Pyongyang e Seul.

I due stretti collaboratori dei presidenti delle due Coree si erano già incontrati dieci mesi fa, alla cerimonia di chiusura dei 17esimi Giochi Asiatici, che si è svolta a Incheon, in Corea del sud.

Quelli di ieri sono stati i colloqui inter coreani a più alto livello da quando la presidente sudcoreana Park Geun-hye si è insediata nel febbraio 2013. Nei giorni scorsi l’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap aveva citato la tv di stato nordcoreana che avrebbe dichiarato: «I comandanti dell’Armata Popolare di Corea sono stati spediti in prima linea per distruggere gli strumenti di guerra psicologica se il nemico non cessa la trasmissione di propaganda entro 48 ore, e si preparano per le possibili contromisure». La Corea del Sud (a seguito degli spari giunti dal Nord contro i ripetitori che lanciavano proclami contro Pyongyan) ha prima risposto con colpi d’artiglieria e poi ha evacuato l’area.

In realtà ad un eventuale conflitto non sembra credere nessuno, ma Kim ha abitutato tutti all’imprevedibilità. Più seria, come domanda, è quella relativa alle ragioni di questa nuova escalation. Pyongyang ha dimostrato, nel tempo, di essere molto sensibile a ogni minimo cambiamento della regione.

Gli accordi economici tra Seul e Pechino, una vicinanza confermata dalla partecipazione della delegazione sudcoreana alle cerimonia cinesi per la fine dell’occupazione giapponese, potrebbero avere indispettito il leader, il cui regime dipende in gran parte dal sostegno cinese. (s. pie.)