Due passi indietro per farne uno avanti. È Lenin rovesciato, ma il risultato della tattica Pd alla camera è lo stesso: la legge elettorale procede in retromarcia. Oggi il partito che più di tutti giura di volere un nuovo sistema di voto, che aveva lasciato agli altri l’onere della proposta – «sono disponibile al Mattarellum, all’Italicum, alla proposta dei Cinque Stelle, di Forza Italia, della Lega, ci facciano una proposta e noi la votiamo», aveva promesso Renzi in tv – dirà no alla proposta del relatore Mazziotti in prima commissione, sostenuta anche da M5S e Forza Italia. La ucciderà sul nascere. Ci sarà bisogno di una nuova proposta e, a ragion veduta, di un nuovo relatore. Il Pd ha pronti entrambi.

AL «FATE PRESTO» di Mattarella, il Pd risponde allungando le danze oltre il dovuto. Il ballo non sarebbe stato breve anche approvando la proposta Mazziotti – l’estensione di quella parte di Italicum salvata dalla Corte costituzionale, che adesso vale solo per la camera, anche al senato, con alcuni correttivi. Ma Renzi, secondo il quale l’Italicum era la legge che tutta Europa ci avrebbe copiato, sopravvissuta «nell’essenziale» anche alla Consulta, adesso la rinnega. Morto Sartori e aperte le gabbie del latinorum l’ha battezzata «Cespugliellum», perché favorirebbe i partiti più piccoli. O meglio, non li penalizzerebbe oltre misura, essendo un proporzionale (il premio al 40% è irraggiungibile) con uno sbarramento non eccessivo (al 3%).
Renzi vuole uno sbarramento più alto. Nella più recente delle proposte Pd è fissato al 5%. Quota formale e sottostimata, perché inserita in una legge fortemente maggioritaria – metà dei collegi si votano con l’uninominale, tutti i voti di chi non ha preso il seggio sono persi – che penalizza i più piccoli (con la quota minima per entrare in parlamento, invece di 31 seggi alla camera se ne prenderebbero 14). Ma il segretario Pd può avere di meglio, semplicemente continuando a sabotare ogni possibile intesa. Perché una delle due (diverse) leggi oggi in vigore, il «Consultellum» per il senato, prevede uno sbarramento all’8% per i partiti non coalizzati. Ideale per stroncare le velleità del neonato Mdp-Articolo 1.

IL PRIMO PASSO della nuova danza sarà stasera alla camera, in prima commissione. Muovendo le sue 21 pedine (su 48 commissari) il Pd riuscirà facilmente a bocciare la proposta Mazziotti. Gli basterà aggiungere i voti della Lega, dei verdiniani e degli autonomisti. Non è impossibile neanche la conversione del gruppo di Alfano, che più che alla proposta di legge è interessato alla negoziazione con il Pd. La proposta Renzi, che non ha niente del sistema tedesco ma casomai è un Mattarellum ricalibrato, prevede alleanze e desistenze nei collegi uninominali. L’ideale per contrattare voti promettendo seggi. È un problema che in una certa misura riguarda anche Mdp, dove c’è chi ancora vede una prospettiva di coalizione con il Pd.
Ma non si intravedono lunghi orizzonti dietro il tatticismo renziano. Sembra invece prevalere l’effetto «ammuina», un grande dinamismo per restare fermi o arretrare a piccoli passi. Bocciato il testo base Mazziotti (che però lo aveva presentato dicendo che non era il suo preferito, e dunque potrebbe persino riproporsi come relatore), evaporerà all’istante la data del 29 maggio, quella in cui la legge sarebbe dovuta arrivare nell’aula della camera. Non sarà più possibile approvare alcun testo a Montecitorio (grazie ai tempi contingentati) entro il mese di giugno, e dunque alcuna legge compiuta prima della pausa estiva. Al senato, poi, il «Mattarellum 2.0» (era stata battezzata così una non troppo diversa proposta di Speranza, Mdp, che ebbe il plauso di Napolitano) sulla carta non ha i numeri. Anche se all’asse Verdini-Pd-Lega non ne mancano tantissimi, una decina al netto di possibili conversioni centriste. Non impossibili da ottenere per chi, contemporaneamente, starà già compilando le (bloccatissime) liste elettorali.

SE PASSA alla camera, Renzi si può accomodare in una posizione win-win. O porta a casa la legge che vuole, o conserva le due leggi che ci sono adesso e che, grazie all’appello al voto utile, lo manterranno al centro del parlamento anche senza una vittoria piena. Ma è un sistema zoppo, che Mattarella ha chiesto in tutti i modi di correggere. E il capo dello stato potrebbe tornare a farsi sentire, perché la tattica del segretario Pd è una quotidiana smentita del Colle.