Come le pesanti tende di velluto rosso che abitualmente chiudono l’ingresso nell’aula di Montecitorio dal Transatlantico sono adesso aperte a metà per lasciar circolare l’aria, e allontanare un po’ la paura del virus che prende i deputati ogni volta che si radunano sui banchi, così uno spiraglio si è aperto ieri nel muro che separa maggioranza e opposizione da quando è cominciata la gestione dell’emergenza. Aria fresca, però, anche in questo caso ne circola poca.

Conte nelle «comunicazioni» al parlamento infila un appello alla collaborazione che sa molto di compito assegnato, al quale si è rassegnato. Ricorda che lui la proposta alle opposizioni di un tavolo «per rappresentare più direttamente e puntualmente istanze e proposte» l’ha già fatta, ma è stata respinta. Però tutti gli interventi di Pd, Iv e Leu insistono nel chiedere al presidente del Consiglio una disponibilità reale. Che prende la forma di un parere favorevole del governo (corretto dall’iniziale disponibilità semplice a rimettersi all’aula) a quattro proposte contenute nella risoluzione di centrodestra. La maggioranza vota conseguentemente a favore di questi impegni che riguardano i malati non Covid, i disabili e la dotazione delle scuole. Il Centrodestra ricambia la cortesia con una più moderata astensione su tutti gli undici dispositivi della mozione di maggioranza, con l’esclusione di quello che prevede misure restrittive automatiche sulla base della diffusione del virus in province e comuni. Non è molto ma è il segnale che aspettava il Quirinale. A conferma che il presidente Mattarella ha deciso di dare una spinta forte nel senso della necessaria unità, in serata arriva la notizia che oggi riceverà la presidente del senato Casellati e il presidente della camera Fico. Ripetendo sul fronte del rapporto governo-parlamento quel gesto eloquente fatto ieri con le telefonate a Bonaccini e Toti sul fronte del rapporto governo-regioni.

Non è detto che siano rose, perché le uniche intese che contano sono quelle sulle misure economiche assai più difficili da condividere dei generici impegni firmati ieri. E non è detto che fioriranno, perché se il M5S si è reso conto delle difficoltà e adesso invita anche lui al dialogo, nel centrodestra Meloni e Salvini restano guardinghi assai. Il capo leghista, in difficoltà di fronte alle aperture che Zaia e gli altri presidenti di regione di centrodestra tacitamente stanno facendo, ha deciso di convocare per oggi una conferenza stampa con le «vere proposte per aiutare gli italiani» pensata chiaramente per raffreddare immediatamente il clima più mite. Una un po’ bislacca Salvini l’anticipa alle nove di sera alla fine di un intervento in aula tutto all’attacco della maggioranza, e di conseguenza della «collaborazione». Propone di riservare le città agli over 70 – trasporti, negozi, sanità – in alcuni orari della giornata.

Zingaretti, che per settimane ha spinto Conte a fare un passo verso le opposizioni, è lesto invece a sottolineare gli «importanti segnali di collaborazione». I parlamentari della maggioranza ripetono tutti che il passaggio di Conte per il parlamento prima del Dpcm è una bella novità, anche se non lo è (l’aveva già fatto a luglio). È vero però che sugli ultimi tre Dpcm ci sono state solo informative successive, senza voto. Il Pd si augura che la giornata di ieri segni un cambio di strategia. Delrio ammette, non richiesto e in vece di Conte, che «qualcosa non ha funzionato per colpa nostra». Zanda al senato detta a Conte come fare: «Chiami e richiami i leader dell’opposizione, insista, accolga le loro proposte se compatibili».