La cancelliera Cdu, il ministro degli Esteri Spd, ma anche gli alti papaveri delle forze armate e perfino il presidente della Repubblica. Tutti, il giorno della conquista talebana di Kabul, avevano assicurato: «la Germania non lascerà indietro i collaboratori afgani che l’hanno aiutata in questi anni». E invece dopo le roboanti promesse è arrivato il silenzioso abbandono, perché il ponte aereo della Luftwaffe si è rivelato tutt’altro che un successo e il problema, 20 giorni prima delle elezioni federali, è un tabù elettorale. Ieri «i 26 dimenticati» di Mazar el Sharif, dai loro nascondigli sempre meno segreti e sicuri, hanno deciso di rompere l’indifferenza cui sono stati condannati scrivendo una lettera aperta ad Angela Merkel.

«Sono passati più di dieci giorni dalla fine dell’evacuazione e non abbiamo ancora ricevuto comunicazioni ufficiali dal governo tedesco. Qui la situazione è durissima: viviamo nella paura e dobbiamo cambiare posizione ogni pochi giorni, in più ora ci mancano anche le risorse finanziarie per continuare a nasconderci».

Firmato: «The 26 Forgotten» ex dipendenti del «Bayan-e-Shamal Media Center» (Bmc) di Mazar el Sharif, ovvero gli afgani assunti dalla Bundeswehr per le sue «Psycological Operations».

Nella missiva a Merkel riassumono così il tradimento tedesco: «Quando ci è stato concesso il permesso di evacuazione, dopo che per 5 mesi abbiamo lottato per essere ammessi, abbiamo ricevuto la chiamata per andare all’aeroporto di Kabul ma solo quattro di noi sono stati in grado di salire sugli aerei per la Germania, a causa della folla davanti al Gate, della mancanza di coordinamento e della cattiva gestione delle forze tedesche. Alcuni del nostro gruppo sono stati respinti perché i loro nomi non erano sulla lista. Tutto mentre rischiavamo la vita e quella dei nostri figli».

Un disastro conclamato, peggiore del primo volo della Luftwaffe rientrato alla base con soli sette passeggeri a bordo, ma anche una tragedia le cui responsabilità politico-istituzionali sono chiaramente certificate. «L’unica notizia che abbiamo ricevuto dalla Germania è che secondo la Bundeswehr dobbiamo aspettare ancora e che la lista con i nostri nomi è stata condivisa con le ambasciate tedesche a Tashkent e Islamabad. Eppure quando nei giorni scorsi un collega è andato all’ambasciata di Tashkent gli hanno risposto che non c’era alcuna lista».

Nelle stesse ore a Berlino l’evacuazione veniva dichiarata conclusa dalla ministra della Difesa, Annegret Kramp-Karrenbauer, pronta a lodare «lo straordinario sforzo umanitario» dei suoi militari.

«Bisogna che la situazione cambi rapidamente, non c’è più tempo da perdere. Per questo chiediamo al governo tedesco di dare la massima priorità alla soluzione urgente per la nostra uscita sicura dall’Afghanistan».