Un anno di differenza: classe 1983 per Lorenzo Urciullo meglio noto come Colapesce, un anno di più per Antonio Dimartino che usa il cognome come nome d’arte. Siciliani rispettivamente di Solarino nel siracusano il primo e palermitano di Misilmeri il secondo. Coppia di fatto artistica per conto terzi – loro lo zampino in molti dei successi degli ultimi anni per Gualazzi, Marracash, Bianconi dei Baustelle, Emma, Malika Ayane – diversi album solisti alle spalle, ora hanno realizzato un sogno personale: un disco a quattro mani, composto di dieci brani – quattro pubblicati in questi mesi di lockdown – disponibile da oggi in formato fisico e digitale. I mortali (42 Records/Sony Music): «È un album essenzialmente pop – spiegano i due autori in una diretta zoom – alcuni pezzi li avevamo già, su altri abbiamo lavorato in quest’ultimo anno. La struttura è quella del concept come evidenzia il titolo che è una sorta di grande cappello per canzoni che trattano dei temi ricorrenti come l’adolescenza, la mortalità. Un pretesto per parlare della vita scrivendo insieme: è stato importante poter abbandonare l’elemento autobiografico, per concentrarci su quanto ci circonda». Come nel caso di Rosa e Olindo: «Non ci interessava l’evento criminoso in sé, quanto sottolineare la passione fra di loro che gli faceva temere non l’ergastolo, ma il fatto di trascorrerlo separati».

PRODUZIONE POP, decisamente contemporanea ma senza cliché e molti elementi acustici: chitarre, pianoforti, armonizzazioni. Tante le ispirazioni dal catalogo battistiano, sia Mogol che Panella per intenderci e decisi riferimenti letterari. Così se sugli scaffali di casa Colapesce fanno bella mostra volumi di Sciascia, Capuana, Dimartino ama Pavese e ha anche scritto – insieme a Fabrizio Cammarata, cantautore, una biografica dedicata a Chavela Vargas. Tratto comune: la passione per Bufalino: «In realtà non c’è nulla di premeditato nella scrittura, ma il fatto di amare entrambi Bufalino e i suoi aforismi ha fatto sì che il suo fantasma un po’ aleggi. Nel disco ci sono molte storie, come in Maiorana dove la sua vicenda viene tratteggiata per parlare della scomparsa di due ragazzi dal paese». Molta ironia in Luna araba dove si respira aria di Sicilia, microstorie di vita come in un quadro di Bosch tra «normanni storditi da pozioni africane» e «spagnoli in Ortigia con il cuore in valigia». A unire il tutto la gran voce di Carmen Consoli: «Nostra amica da tempo, era perfetta per lanciare il ritornello e poi per unirsi al coro, come fossimo realmente in una rock band…».

SGUARDO DISINCANTATO e ironico anche nell’iniziale Il prossimo semestre, sulla figura del cantautore «consigliato» dai discografici: «Il semestre è quello Siae, giochiamo sui cliché dell’ambiente ma a ispirarci è stato un magnifico pezzo di Piero Ciampi, Il merlo, dove dialoga con un merlo per farsi suggerire una canzone perfetta. Sono gli aspetti distorti della discografia». Un universo in profonda crisi, come tutto il comparto spettacolo, messo terribilmente alla prova dalla pandemia: «La frase un po’ infelice del premier che parlava degli artisti ’che tanto ci hanno fatto divertire’, in realtà ha fatto emergere una triste realtà. Nessuno considera il musicista, l’artista, come lavoratore. Per fare l’esempio che ci riguarda: la musica non istituzionale non è regolamentata da nessuna norma o ente che garantisca tutele. Basti pensare che i 600 euro erano destinati agli autori che avevano compiuto le 30 giornate lavorative dell’Enpals. La realtà è che c’è un sommerso di lavoratori e musicisti che quelle ore non riesce proprio a coprirle».

I TESTI di Colapesce e Dimartino scelgono spesso di scombussolare la metrica: «Ci piacciono le canzoni che mettano a disagio, quando arriva un elemento di disturbo che mette in soggezione chi ascolta ma ne cattura l’attenzione. Ecco il motivo per cui amiamo Pasquale Panella, autore imprevedibile che in un’intervista ha detto che la sua intenzione era ’togliere Battisti dai falò’. Geniale. Noi amiamo moltissimo lavorare con le parole».