Non aveva neanche finito di presiedere la prima riunione da quattro ore della task force sulla Fase 2 che Matteo Renzi ne chiedeva la promozione a ministro.

Vittorio Colao negli ultimi 12 anni è rimasto lontano dall’Italia. Da capo di Vodafone a Londra si spera si sia risparmiato le giornaliere polemiche dentro il Pd. Ieri però ne è diventato oggetto: da una parte l’ex segretario scissionista che lo vede come l’uomo che ne porterà avanti le aspettative di aperture Confindustriali, dall’altra l’attuale segretario Nicola Zingaretti che lo stoppa con una osservazione scontata: «Ho molto apprezzato la scelta di Colao, non una figura di parte, o di governo, o di maggioranza, ma in cui si possa riconoscere l’intero paese, penso sia questo il valore aggiunto, si faranno scelte nelle quali si deve riconoscere l’intero Parlamento, quindi la terzietà è la scelta migliore».

IL BRESCIANO BOCCONIANO con master a Harvard e una carriera fra Morgan Stanley e McKinsey ha guidato in teleconferenza le 4 ore di teleconferenza – senza il presidente Conte – con già ben chiara la sua strategia.
Già venerdì potrebbe arrivare la prima relazione, sulla base della quale Conte e il governo saranno chiamati a fare le loro scelte. Tra le misure allo studio ci sono sia la «app» per le autocertificazioni e il tracciamento dei contagiati, sia protocolli per la ripartenza. E la possibilità di regole diverse per aree geografiche e fasce di età. E la possibilità di far ripartire alcuni settori, come la moda, prima del 4 maggio.

Al primo punto ci sono le indicazioni sul come tornare a lavorare: se lo smart working – Nomisma ieri ha stimato in circa 2 milioni gli italiani che stanno lavorando da casa e il 56% continuerebbe volentieri a farlo anche a crisi superata – è possibile in gran parte dei comparti, sarà la «turnazione» la parola chiave. Poi c’è il capitolo fondamentale dei «tracciamenti» con la app da scegliere – e la volontarietà dei cittadini nell’iscriversi. L’argomento più delicato è quello dei settori che dovrebbero riaprire prima in un’ottica di strategia di ripartenza.

Decisivo sarà il ruolo del gerontologo Roberto Bernabei su come gestire gli anziani, le persone più a rischio.

LA RIUNIONE DI IERI pomeriggio non ha preso decisioni. Una nuova riunione dovrebbe tenersi già domani o venerdì. Quattro ore per un primo giro di pareri in un clima «buono e fattivo», riferiscono alcuni presenti, ligi al vincolo della riservatezza sul merito della riunione. Una riunione dunque per «impostare e dividersi il lavoro» in vista delle importanti decisioni da prendere.
Sicuramente Colao ha avuto filo da torcere per contenere la verve di Mariana Mazzucato, altra londoner che dal suo Istituto per l’Innovazione era già stata chiamata da Conte come consulente economica e non è certo pronta ad arrendersi alle ragioni di Confindustria, mettendo sempre al centro delle sue ricerche il ruolo dello stato.

Trovata la quadra all’interno della commissione, Colao poi dovrà trattare con Conte e con le tante altre commissioni già insediate: il Comitato tecnico-scientifico e quello tecnico della Protezione civile, la task force del ministero della Salute, quelle dell’Istruzione e del ministero dell’Innovazione, il commissario Domenico Arcuri e – soprattutto – l’Istituto Superiore della Sanità, custode dei dati sulla curva epidemiologica.

UNA MANCANZA EVIDENTE nella scelta dei 17 rappresentanti è la penuria di donne: oltre alla Mazzucato, solo altre tre: Raffaella Sadun, professoressa di Business Administration a Harvard, Filomena Maggino, professoressa di Statistica sociale alla Sapienza di Roma, Elisabetta Camussi, professoressa di Psicologia sociale alla Bicocca di Milano per una quota del 23 per cento. Ieri una lettera è stata indirizzata sia a Colao che al presidente del consiglio Giuseppe Conte da un gruppo di donne della società civile anche in rappresentanza di numerose associazioni. In poche ore l’appello, scandito dall’hashtag #datecivoce ha avuto più di oltre 50mila adesioni. «Quattro donne su 17 – scrivono – non sono solo un mancato riconoscimento al patrimonio di competenze femminili ma non offrono nemmeno una giusta rappresentazione della nostra Italia. Le donne ci sono state in questa crisi, hanno lottato, sopportato, subito, sperato e disperato. Insieme agli uomini, e forse, in alcune dimensioni, anche più degli uomini. Tutto questo, purtroppo, non ha trovato un’adeguata rappresentazione nei centri di decisione pubblica e collettiva».