Sparito nel giorno della buriana «stadio della Roma», Luigi Di Maio ricompare e cerca di riprendersi la scena in un governo finora completamente a trazione Salvini. Lo fa annunciando «il decreto dignità» da «presentare al più presto nel primo consiglio dei ministri politico» in cui mettere assieme provvedimenti molto diversi: le tutele per i rider e per tutti i lavoratori digitali, fantomatiche – come i predecessori del Pd, il neo ministro fa conferenze stampa senza domande – «revisioni al Jobs act», revisione dello spesometro, «rinvio della fatturazione elettronica per i benzinai», «lo stop alla pubblicità sul gioco d’azzardo» e infine «lo stop alle delocalizzazioni» con la norma già annunciata che prevede che l’impresa debba ridare allo stato i contributi pubblici avuti prima di scappare altrove.

IL VICEPREMIER AVEVA APPENA FINITO «una conference call» con i gruppi dei rider già ricevuti a via Veneto nel primo giorno da ministro. Un incontro in cui ha anticipato di voler «estendere le tutele tipiche del lavoro subordinato» anche «ai lavoratori 4.0» creando una legislazione che farà dell’Italia «uno dei paesi più avanzati al mondo nella regolamentazione di quel genere di lavori».

FEDELE ALL’EQUIDISTANZA FRA «dipendenti e datori», mantra del neo ministro, Di Maio incontrerà anche le maggiori piattaforme del settore food delivery prima di stabilire nei dettagli il provvedimento. Di certo conterrà l’assicurazione sugli infortuni – che però quasi tutte le aziende del settore già riconoscono ai rider – mentre il riconoscimento della loro subordinazione è tutta da definire così come un salario minimo orario. E su questi punti la contrarietà dei vari Deliveroo e Foodora è totale.

GUARDINGA ANCHE LA RIDERS Union di Bologna: «Da parte nostra presenteremo le nostre proposte sulla scia del lavoro fatto a Bologna con la Carta dei diritti per far sì che il provvedimento tuteli effettivamente i rider e per spingere verso l’alto la contrattazione, riservandoci la possibilità di mobilitarci qualora non si rispettassero gli impegni assunti».

IN PRECEDENZA DI MAIO SI ERA materializzato nell’aula della camera per rispondere all’informativa urgente sulla strage sul lavoro chiesta da Leu. Il ministro del lavoro e dello sviluppo economico aveva proseguito sul profilo moderato con cui è partito con un discorso pieno di ovvietà e ben poche novità. Se proprio se ne vogliono trovare, due possono essere sottolineate: «servono più controlli» e «la cultura della sicurezza sul lavoro deve partire per prima dalle aziende partecipate», chiaro riferimento a quella Fincantieri che ha collezionato due morti sul lavoro in poco più di un mese – il 19enne Matteo Smoilis il 9 maggio a Monfalcone e il 43enne Salvatore Lombardo mercoledì a Sestri Ponente – entrambi lavoratori nella giungla degli appalti che riempiono i cantieri della società guidata – a proposito di cambiamento – fin dal 2002 da Giuseppe Bono.
L’altra novità – relativa – riguarda l’idea di «premiare le aziende che investono in sicurezza».

SU QUESTO PUNTO È ARRIVATA subito la critica della Cgil che con Susanna Camusso era andata ad ascoltare in prima persona l’intervento di Di Maio alla camera. «È sbagliato perché la sicurezza è un dovere per le aziende e un diritto per i lavoratori – ha attaccato il segretario generale – . Semmai si intervenga selettivamente sugli incentivi rispetto a chi non applica le norme». «A parte la buona notizia sulle tutele per i rider – ha concluso Camusso – , sul resto di quanto detto da Di Maio mi pare non ci sia proprio la misura di cosa sta succedendo nei luoghi di lavoro».

«SERVE UN PIANO STRAORDINARIO per la prevenzione e la sicurezza, incrementando gli ispettori», ha replicato al ministro in aula il deputato di Leu Roberto Speranza, contestando l’orientamento al ripristino dei voucher. «Sulla sicurezza sul lavoro la sinistra ci sarà e siamo pronti a sostenere senza paura ogni sforzo per difendere la vita delle persone», ha concluso Speranza.