Con l’anno nuovo finisce il blocco degli sfratti. La misura che di recente la Corte costituzionale ha giudicato legittima, riconoscendo al governo il potere di prendere misure d’emergenza per bilanciare il diritto alla proprietà con quello all’abitare, scade il primo gennaio. Da allora, è la stima di Unione inquilini, ci sono 100 mila sfratti che incombono. E altrettante sarebbero le esecuzioni immobiliari causate da insolvenza di mutui o debiti.

«QUESTA SITUAZIONE ha cause strutturali – spiega Walter De Cesaris, segretario di Unione inquilini – derivanti dalla assenza di una politica sociale della casa, ulteriormente aggravata dalle conseguenze sociali ed economiche provocate dalla crisi sanitaria. Per di più, accusa sempre De Cesaris, la legge finanziaria che il parlamento ha appena approvato «non affronta minimamente questa gravissima situazione, non destina risorse nuove o nuovi strumenti operativi alle città». Nelle scorse settimane tutti i principali sindacati degli inquilini avevano denunciato che nella manovra mancano stanziamenti per il contributo all’affitto e per la morosità incolpevole. Per di più, è la valutazione delle associazioni di categoria, nel Pnrr manca l’indicazione politica per l’incremento di alloggi popolari, gli unici che potrebbero rispondere alle esigenze delle famiglie ormai ridotte allo stremo e impossibilitate a reperire un alloggio sul libero mercato.

IL SINDACATO chiede che ogni prefettura si attrezzi per rispondere all’emergenza e istituisca una cabina di regia che autorizzi gli sfratti soltanto dopo aver verificato la possibilità di un vero passaggio da casa a casa da parte degli inquilini. LeU ha proposto in un ordine del giorno, peraltro accolto dal governo, che gli stanziamenti previsti dal Pnrr per le aree urbane servano ai comuni per acquisire alloggi liberi degli enti pubblici. «Vanno immediatamente messi in assegnazione i circa 50 mila alloggi di edilizia residenziale pubblica oggi vuoti – prosegue De Cesaris – Più in prospettiva, è necessario che il Pnrr nelle linee di finanziamento dedicate alle aree metropolitane e alla rigenerazione urbana, metta al centro l’incremento dell’edilizia residenziale pubblica a canone sociale attraverso il recupero del patrimonio vuoto e spesso in degrado».

LA SITUAZIONE preoccupa anche la Caritas di Roma, che sottolinea il fatto che il governo abbia prorogato lo stato d’emergenza per la pandemia fino al 31 marzo prossimo ma non abbia ritenuto di prendere provvedimenti speciale per tutelare gli inquilini di fronte alla crisi. Si tratta, sostiene la Caritas, di «famiglie che erano già in gravi difficoltà economiche prima della pandemia di Covid 19 e che in questi mesi hanno subito ancora di più gli effetti della crisi». Anche se, prosegue il documento, «allo stesso tempo occorre tutelare i piccoli proprietari che hanno nella casa affittata un’integrazione fondamentale per il reddito familiare».

PROPRIO A ROMA, città dove nei prossimi mesi pendono 4 mila sfratti, c’è anche il rischio degli sgomberi dei palazzi occupati dei movimenti per il diritto all’abitare, che hanno di fatto già realizzato quanto ipotizzato dal Pnrr autorecuperando stabili in disuso nei quali si calcola vivano circa diecimila persone. Asia Usb ricorda a questo proposito che l’amministrazione regionale del Lazio aveva preso l’impegno di incontrare a cadenza regolare movimenti e sindacati per affrontare i temi dell’emergenza abitativa e mettere mano ai dossier più urgenti. Dopo alcune settimane di silenzio, il prossimo tavolo sarebbe fissato per il 4 gennaio. Tre giorni dopo quell’inconto, nella capitale, scadrà la tregua natalizia sugli sfratti dichiarata dal prefetto su richiesta del Campidoglio. (g. san.)