La deposizione di Michael Cohen, ex avvocato e faccendiere di Trump, ha sollevato un vero polverone. A ogni domanda a cui lui diceva di non avere risposte – ad esempio se il tycoon avesse offerto a Putin una penthouse nella Trump Tower di Mosca – i democratici rispondevano chiedendo se qualcuno avrebbe potuto saperlo.

E puntualmente Cohen ha snocciolato liste di nomi di soggetti informati, che si stanno trasformando in richieste di deposizione da parte della Camera.

Al momento non c’è voce di impeachment, anche se alcuni liberal scalpitano, mentre sembrerebbe che l’ala più moderata vorrebbe costruire un caso talmente solido che nemmeno il Senato più repubblicano del mondo potrebbe declinare.

I nomi offerti da Cohen – e ora nel mirino dei democratici – sono quelli di Allen Weisselberg, manager responsabile della gestione delle attività finanziarie della Trump Organization; di Rhona Graff, ex segretaria di Trump; di uno dei dirigenti della Trump Organization, Ron Lieberman; e della guardia del corpo personale di The Donald, Matthew Calamari.

Nomi che sono stati fatti in risposta alla domanda di Alexandria Ocasio-Cortez a Cohen su chi potrebbe essere a conoscenza di frodi commesse dal presidente. Ma a essere nei guai come potenziali testimoni sono più di tutto i due figli maggiori del presidente, Ivanka e Donald Jr.

Cohen ha sostenuto che entrambi avrebbero tutti i dettagli sugli sforzi per costruire la Trump Tower di Mosca e ha prodotto assegni che Trump gli aveva mandato dopo essere entrato in carica, firmati da Don Jr come rimborso per il pagamento della pornostar Stormy Daniels nel 2016.

Don Jr è già apparso almeno tre volte in relazione all’interferenza della Russia nelle elezioni del 2016, ma ora, con il potere del mandato di comparizione, la maggioranza democratica alla Camera è pronta a lanciare più indagini supplementari scaturite dalla precedente indagine sul Russiagate del Comitato di Intelligence, che i repubblicani hanno chiuso senza troppe cerimonie lo scorso anno.

Nei guai Trump lo è anche per indiretta causa del genero Jared Kushner: per lui, secondo il New York Times, The Donald avrebbe obbligato il recalcitrante ex capo di gabinetto della Casa bianca, John Kelly, ad alzare il suo grado di sicurezza in modo che Kushner avesse accesso ai documenti top secret dell’intelligence.

Trump ha sempre affermato di non aver avuto un ruolo e di «non essere mai stato coinvolto nella sicurezza», ma a quanto pare ha mentito. L’addetta stampa della Casa bianca, Sarah Sanders, non ha voluto commentare la notizia, mentre democratici della Camera hanno detto di volere un’indagine anche su questo.

In questo clima inospitale Trump sta tornando con il bagaglio dell’immenso smacco ricevuto in Vietnam, dove la sua immagine di grande negoziatore è caduta miseramente in pezzi, senza poter addossare colpe ai democratici o alla «caccia alle streghe» di cui sarebbe vittima innocente.

Dopo il nulla di fatto scaturito dall’incontro tra gli Stati uniti e la Corea del Nord, entrambe le parti stanno mostrando di non volere, al momento, tornare ai tempi dello scontro ad alta tensione in cui Trump chiamava Kim Jong-un «rocket man». Ma di certo questo fallimento non giova all’immagine di un Trump (che stranamente sta twittando pochissimo) che si appresta a rapportarsi con la Camera, dove i democratici – oltre ad aprire indagini scomode – stanno facendo avanzare la loro agenda e hanno approvato due leggi sul controllo delle armi.

Una ha lo scopo di risolvere la falla legale che consente di trasferire armi da fuoco dai concessionari prima che siano state completate le verifiche di background. È la scappatoia che ha permesso a Dylann Roof di mettere le mani sull’arma che ha utilizzato per uccidere nove persone in una chiesa nella Carolina del Sud nel 2015.

L’altra richiede controlli di background su tutte le vendite di armi da fuoco, il disegno di legge sul controllo delle armi più significativo da più di vent’anni. Entrambi i disegni di legge non passeranno il voto del Senato guidato dal Gop, ma dimostrano che i dem non hanno più paura di esporsi per un vero controllo delle armi.