«Fedelmente ho servito il Signore Iddio/ Quando ho piantato questo piccolo melo/L’ho piantato nel giardino vicino alla strada/ per la quale verrà il mio amato/ E non era ancora un’ora, che cresceva il piccolo melo/ già il mio piccolo melo attecchiva/ Già il mio piccolo melo aveva un anno/ già il mio piccolo melo prosperava».
Le strofe de Il piccolo melo appartengono a un libro, Canti popolari polacchi, tradotto in italiano nel 1932. Perché scomodare pagine così vecchie e una canzone dai versi non certo memorabili, parlando della Polonia a Expo 2015? La riposta si articola su tre fronti. Economico, prima di tutto. Perché con due milioni e mezzo di tonnellate annue, l’80% del patrimonio agricolo nazionale, il paese è tra i primissimi produttori di mele in Europa. Politico, alla luce della vittoria alle presidenziali del 23 maggio (53%), di Andrzej Duda del PiS (Prawo i Sprawiedliwo, Diritto e Giustizia), reazionario, nazionalista e antieuropeista. I polacchi, soprattutto i giovani (da loro il 60,8 dei consensi) risucchiati in un precariato lavorativo senza diritti e futuro, hanno piantato il melo Duda sperando che attecchisca e produca frutti. Oggi il Paese ha un tasso di occupazione inferiore di sei punti al 72% della media europea, con gravi problemi di emarginazione sociale nelle campagne; un’amministrazione pubblica inefficiente che pone la Polonia in fondo alla classifica, preceduta solo da Bulgaria, Romania.

Ma il PiS sventola i dati di un’economia passata indenne attraverso la crisi del 2008; un PIL cresciuto del 49% da quando, nel 2004, il paese è entrato nell’UE; la robustezza della valuta nazionale, lo zsloty, nei confronti dell’euro. Altre mele, grosse e mature, promette Duda. Che si prepara a trionfare con il suo partito nelle politiche di ottobre, sostenuto da una chiesa tanto potente quanto ostile alle aperture di papa Francesco.
Infine il fronte Expo 2015, dove il padiglione polacco si presenta così «L’obiettivo principale della partecipazione è quello di costruire una fiducia di lunga durata nei confronti del marchio Polonia e del marchio dell’economia polacca. Tutte le attività intraprese devono sottolineare che la Polonia è uno stato con stile di vita europeo (ma Duda non è antieuropeista?, ndr) aperto ed amichevole, che punta sul design moderno (?, ndr) ma nello stesso tempo rispetta la tradizione, ed è un paese per il quale… l’agricoltura sta diventando il motore dell’export».

Dunque, a Milano, stiamo assistendo a Il tempo delle mele 4, versione polacca. L’architettura del padiglione ricorda una scatola di mele; il Giardino Magico, opera di Piotr Musiaowski e collaboratori, ha tra le sue attrattive un frutteto di alberi di mele; uno spazio espositivo è dedicato a una gigantesca mela; tra i prodotti tipici regionali proposti in assaggio ai visitatori nel Mercato Polacco, ecco le varietà di mele Jonagold, Golden Delicious e Royal Gala.
Non abbiamo pranzato al ristorante, ma c’è da giurare che, alla voce «dolci», il menu recita szralotka, torta di mele. Il futuro prossimo, a Expo abbondantemente chiusa, ci dirà se la mela Duda ha il baco. Anzi: se proprio Duda è il baco della mela.

ldelsette@yahoo.it