Sergio Cofferati vuole fare due premesse. La prima: «Il costante calo dei votanti alle amministrative, e cioè le elezioni storicamente più partecipate, ha l’effetto di ridurre il consenso con il quale il sindaco viene eletto. Pochissimi sindaci passano al primo turno. Dopo il ballottaggio, dove la partecipazione scende, ci saranno sindaci di città importanti che verranno eletti con un suffragio intorno al 20 per cento degli aventi diritto. Saranno sindaci deboli. E per questo avranno vita complicata». La seconda premessa: «Una cosa simile può accadere contemporaneamente al governo nazionale: con l’Italicum potremmo avere un partito che vince al ballottaggio con un numero basso di voti. Uno scenario inquietante. Mi preoccupa che il presidente del consiglio non se ne preoccupi affatto».

Le amministrative per Renzi sono una battuta d’arresto?

Assistiamo al fenomeno dei voti persi dal Pd, ma non solo. Ci sono anche quelli sostituiti. A Roma il luogo di maggior successo del Pd è Parioli, il quartiere della borghesia; a Milano il Pd regge nel centro storico e arretra nelle periferie. È la conferma che c’è una sostituzione di voti. Non sto parlando di Verdini, parlo dei soggetti sociali che votano Pd. La quantità di voti può restare la stessa, ma il Pd cambia natura perché cambia insediamento sociale. Cambiano le domande che vengono da chi lo vota.

E però questi soggetti sociali in fuga dal Pd non si travasano sui sindaci di sinistra, tranne poche eccezioni. Perché?

Perché la sinistra ha uno spazio potenziale ampio, ma al momento non ha una proposta politica né una struttura organizzativa. Quanto alle eccezioni, sono lodevoli: Cagliari, Brindisi, Caserta, Sesto Fiorentino.

Un momento: a Cagliari Zedda guidava una coalizione di centrosinistra, in molte altre città grandi invece avete promesso liste di ’sinistra sinistra’.

A Cagliari è stata riconfermato il centrosinistra perché ha governato bene. C’è stato un giudizio positivo sulla coalizione e sulle politiche dell’amministrazione, oltreché su Zedda. Le esperienze arancioni, dove hanno funzionato, andavano riproposte.

Scusi, anche a Milano è di nuovo avanti il centrosinistra. Un centrosinistra che a lei non piace e che in molti hanno scomunicato.

Milano è tutta un’altra storia. Lì l’esperienza arancione si è interrotta. Sala non c’entra niente con quella storia. Alle primarie c’erano due candidati di sinistra che si sono eliminati a vicenda. Il sindaco Pisapia prima ha lasciato candidare Maiorino poi gli ha contrapposto Balzani. È stata la sua scelta sbagliata di mettere in contrasto due suoi assessori ad aver affossato la storia arancione. E a non aver garantito la continuità della sua giunta.

Torniamo al Pd che perde voti e alla sinistra che non li guadagna.

Sinistra italiana doveva definire la sua proposta politica e, in essa, il problema delle alleanze. Un problema che c’è: dobbiamo essere una forza che si candida a governare. E nessuno pensa di poter governare da solo si è proceduto a tentoni nascondendo quello che presumibilmente è elemento di dissenso interno, e cioè quali possono essere le alleanze praticabili e a come le si costruisce, con quali discriminanti. Ma se non nasce in fretta la proposta politica, rischiamo di non essere attrattivi. E va definito subito anche il progetto organizzativo. Se vuoi fare un congresso devi avere gli iscritti. Ma oggi la campagna di adesione si basa sostanzialmente sulla rete. Non va bene: la tecnologia è strumento importante ma non può essere la soluzione su cui si fonda il nuovo soggetto. Bisogna fare le tessere guardando in faccia gli iscritti.

Fare una campagna di tesseramento mentre si va alle comunali con coalizioni di partiti concorrenti a sinistra sarebbe stato complicato.

E perché? Con gli alleati si fa l’alleanza, a casa tua parli con i tuoi iscritti. Senza iscritti e senza congresso restiamo in una fase delicata di democrazia sospesa. Questo tempo va ridotto. Conosco la fatica di questo lavoro. Ma il fatto che non sia iniziato è inquietante. A settembre c’è la campagna referendaria. Come si farà il congresso a dicembre se prima di ottobre non ci saremo dati il tempo di iniziare la discussione?

Ma ha senso per voi fare un congresso prima di un referendum che potrebbe cambiare tutta la scena politica?

Non si può aspettare il referendum per decidere che fare. Ci dobbiamo essere per offrire un riferimento a chi nel Pd decidesse di cambiare collocazione.

Nelle città però i delusi dal Pd però non vi hanno votato.

Ripeto: perché non siamo stati in grado di dare loro un riferimento nella politica nazionale. Sono delusi da Renzi per ragioni di politica nazionale.

Ai ballottaggi i candidati sindaci di sinistra non danno indicazioni di voto. Le piace questa scelta?

Io penso che bisogna sempre votare. Ma la mancanza di indicazione è inevitabile: nasce dalla mancanza di progetto e di una politica delle alleanze.

Nessuna indicazione anche nella sua Bologna dove lo spareggio è fra Pd e Lega?

Bologna non fa eccezione. Anche se non ho dubbi su cosa faranno quelli che hanno votato Martelloni. Spero che partecipino al voto.
Ma una forza politica che non sceglie ai ballottaggi non rischia di mettersi fuori gioco e rassegnarsi a non avere un ruolo politico?
Noi oggi siamo fuori gioco. E non scegliere è un segno di debolezza. Ma è inevitabile. Per questo spero che ora Sinistra italiana, o come si chiamerà, provi ad accelerare i tempi. L’anno prossimo si vota a Genova, la città dove abito e dove c’è una giunta arancione. Non vorrei che ci ritrovassimo ancora in questa condizione. Anzi: mi piacerebbe che Genova proseguisse la sua esperienza arancione. Con Marco Doria.

Vorrebbe che Sinistra italiana invitasse subito Doria ad andare avanti?

Vorrei che mettesse in campo il suo progetto per dare forza alla prosecuzione a esperienze di governi di sinistra e centrosinistra. A Milano non è successo, per fortuna è successo a Cagliari. Aiutateci a salvare il soldato Doria.