Firma, ma un po’ dissente. È la prima volta per il presidente Mattarella, non per il Quirinale dove prima di lui Ciampi e soprattutto Napolitano erano ricorsi a una nota pubblica per accompagnare la promulgazione di una legge non del tutto convincente. È stata la prassi a collocare la promulgazione «accompagnata» da motivazione contraria a metà strada tra la firma piena e il rinvio alle camere di un provvedimento. Questa volta è toccato al codice antimafia.
Le osservazioni critiche di Mattarella colpiscono due aspetti della legge. Prendono la forma di una lettera che il capo dello stato ha scritto al presidente del Consiglio e, cosa ben più importante, ha deciso di diffondere contestualmente alla notizia della promulgazione.
Nella lettera Mattarella spiega di aver firmato il codice antimafia – dopo tre settimane di approfondimenti – «in ragione dell’importanza della normativa nel suo complesso e dell’opportunità che le disposizioni entrino presto in vigore». Non ci sono «evidenti profili critici di legittimità costituzionale» che avrebbero imposto il rinvio alle camere. Ma il capo dello stato raccomanda come «di certo opportuno» il «monitoraggio», che dovrà essere «attento», degli effetti della disciplina antimafia. Cosa che il governo si è impegnato a fare accogliendo in extremis un ordine del giorno presentato da Pd e Ap alla camera. Il nodo è la novità più dibattuta del codice: l’allargamento della confisca dei beni come misura preventiva oltre i confini della lotta alla mafia. La confisca può colpire adesso anche chi è accusato di reati contro la pubblica amministrazione come corruzione e concussione. Novità assai criticata dai penalisti, da diversi giuristi (Flick, Cassese), difesa dal presidente del senato Grasso e dalla presidente dell’antimafia Bindi, recentemente oggetto di una lettera del partito radicale a Mattarella(«il nuovo codice straccia il diritto»). Dal monitoraggio sull’applicazione delle nuove norme – «al fine di garantire il pieno rispetto delle garanzie dei diritti dei cittadini e delle imprese» (si ricorderanno le critiche di Confindustria) – potranno derivare modifiche nella legge. Almeno così si è impegnato il governo, anche se il governo che dovrà eventualmente intervenire sarà per forza di cose un altro.
La seconda osservazione di Mattarella è meno significativa politicamente, ma più immediata negli effetti. Perché il capo dello stato chiede a Gentiloni di correggere «sollecitamente» (cioè in uno dei prossimi decreti legge) una mancanza del testo. Si tratta in questo caso della confisca «allargata», che non è una misura di prevenzione ma interviene dopo la condanna penale. Ed era prevista, a meno che il condannato non giustifichi il suo tenore di vita, sul complesso dei beni dei falsari, dei truffatori con carte di credito, degli autori di delitti commessi con finalità di terrorismo internazionale e di reati informatici. Lo era nel testo approvato alla camera (su raccomandazione europea), ma l’elenco è stato ridotto e questi casi cancellati nel passaggio al senato. Dal Pd assicurano: è stata una svista, un mero errore materiale. Da correggere.