«Il Ventunesimo secolo è il secolo della donna: chi non riuscirà a comprenderlo resterà fuori dalla storia», ha assicurato il presidente del gruppo peronista al Senato, Miguel Ángel Pichetto, durante il dibattito di ieri sulla legge per l’interruzione di gravidanza.

E fuori dalla storia rischia di rimanerci la Chiesa cattolica, la stessa che in Argentina, dopo essersi schierata a fianco della dittatura militare, si è opposta alla legge sul divorzio, sull’educazione sessuale integrale, sul matrimonio omosessuale, addirittura sostenendo, rispetto a quest’ultimo, che il diavolo stava camminando per le strade di Buenos Aires.

Ne abbiamo parlato con la teologa femminista Coca Trillini, socia onoraria della Red latinoamericana de Católicas por el Derecho a Decidir.

Il Senato ha votato contro la vita delle donne, voltando le spalle alle piazze. Com’è potuto succedere?

È il gioco della democrazia. Non è perfetto, ma a oggi è l’unica via partecipativa e plurale che io conosca. Durante questi mesi di discussione del progetto di legge sull’interruzione volontaria di gravidanza alla Camera e al Senato, noi donne siamo andate a scuola di tolleranza, di trasparenza, di partecipazione, di rispetto per le differenze e per le istituzioni del paese. Il Senato non ha votato a favore o contro l’aborto, a cui si continuerà comunque a fare ricorso, ma ha permesso, con la sua decisione, che l’ipocrisia continui a dominare il Congresso della nazione, che proseguano gli aborti clandestini, che alcuni esponenti della classe medica continuino a lucrare, che alcune chiese continuino a esercitare il loro potere sul corpo delle donne. In una parola, che le donne continuino a morire.

Quali saranno le conseguenze del voto? E che fine farà il progetto di legge?

Continueremo a lavorare affinché la legge venga nuovamente presentata. Raccoglieremo i frutti della nostra scommessa, nel mio caso venticinquennale, rispetto a un cambiamento culturale che riconosca le donne come soggetti/cittadine in grado di assumere decisioni sul proprio corpo, anche nel caso in cui la decisione preveda l’aborto. «Nessuno può fermare il vento», ha titolato oggi il quotidiano Página 12. Il vento verde che è sorto dalle viscere di una società ormai differente non solo non può essere fermato, ma nessuno può dire neppure in che direzione soffierà, né quali cambiamenti provocherà. Quello che è certo è che il processo di presa di coscienza delle giovani generazioni si comincia già a manifestare in organizzazioni nuove. Che la separazione tra Chiesa e Stato, il rispetto della legge sui diritti sessuali e riproduttivi, la denuncia della violenza all’interno e all’esterno della famiglia non saranno più questioni circoscritte a gruppi organizzati o a organizzazioni non governative, ma saranno assunte da ciascuna delle persone che sono scese in piazza a manifestare in tutta l’Argentina.

Molte sono state le critiche rivolte alla Chiesa, la cui aggressiva campagna contro la legalizzazione dell’aborto ha avuto indubbiamente un peso rilevante nella bocciatura del progetto di legge. Nella nuova società che sta nascendo, la Chiesa non finirà in questo modo per condannarsi all’irrilevanza?

La Chiesa cattolica è la stessa che ha accompagnato la dittatura militare, che ha reso naturale la violenza all’interno della famiglia, che copre i preti accusati di pedofilia nel nostro paese, che si fa mantenere economicamente dalla società. È la Chiesa che ha imposto il suo potere politico, in questo periodo storico così come in quelli precedenti, dimenticando, tralasciando, venendo meno al rispetto dell’insegnamento dottrinale sulla libertà di coscienza. La Chiesa ha mostrato la sua natura fondamentalista, si è schierata contro l’ampliamento dei diritti e ha cercato di convincere la società con argomenti falsi, ingenui e antiscientifici. Quella Chiesa che ha sempre sminuito il lavoro delle donne nell’istituzione, non si è resa conto di come il tema dell’aborto sia uscito allo scoperto, di come nonne e nipoti abbiano tessuto insieme storie diverse e le pioniere nella difesa dei diritti umani delle donne abbiano visto germogliare i semi piantati nel corso delle loro vite. Il modo in cui ognuna si rapporta con le proprie convinzioni religiose e con le istituzioni che le sostengono è una decisione inappellabile di ogni singola donna.

Dinanzi a una mobilitazione che ha superato anche quella oceanica dello scorso giugno, sarebbe difficile parlare di una sconfitta delle donne. L’approvazione della legge sarà solo una questione di tempo, come sostiene la Campagna nazionale per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito?

Noi donne in realtà abbiamo già vinto. Il progetto di legge non è passato al Senato, ma per noi l’interruzione volontaria della gravidanza è già legge per le strade del paese. La quantità di istituzioni educative, scientifiche, mediche, giornalistiche, letterarie eccetera, che si sono espresse a favore della legalizzazione dell’aborto sono ora, più che mai, disposte a lottare perché diventi realtà. E allo stesso tempo la nostra mobilitazione ha aperto la strada affinché anche in altri paesi si faccia tesoro della nostra esperienza e si porti avanti il cammino della difesa dei diritti delle donne. Non è avvenuto ieri. Ma domani, è certo, «sarà legge».