La prima multinazionale globale sotto i colpi della crisi globale. Anche Coca-Cola deve fare i conti con i problemi di bilancio e dà la risposta classica e comune a tutto il mondo: taglio il costo del lavoro. La multinazionale di Atlanta, prima al mondo per vendita di bevande non alcoliche e secondo marchio come valore dietro Apple ha deciso di ripianare – parte – delle perdite dovute ad un calo delle vendite pari al 14 per cento nel trimestre luglio settembre stimati in 2,1 miliardi di dollari decidendo di licenziare circa 2mila lavoratori nel mondo su un totale di circa 130mila.

L’amministratore delegato Muthar Kent aveva già annunciato un piano per ridurre i costi di circa 3 miliardi di dollari puntando su «razionalizzazione e semplificazione» e di una revisione dei piani di re-franchising delle società di imbottigliamento. Secondo il Wall Street Journal, oltre a circa 500 posti tagliati nella sede principale di Atlanta, potrebbero essere eliminati i ruoli amministrativi delle sedi locali di Hong Kong, Istanbul, Londra e Città del Messico, tagliando i livelli burocratici intermedi, per risparmiare, e facendo lavorare queste sedi direttamente con quella centrale.

Il piano di licenziamenti dovrebbe essere reso pubblico giovedì. Nel frattempo in tutto il mondo i lavoratori passano giornate da incubo. In Italia la situazione è ancora tutt’altro che chiara. I lavoratori sono circa 2mila con stabilimenti di produzione a Nogara (Verona), Marcianise (Caserta) e Oricola (L’Aquila), più altri più piccoli per le acque minerali (il marchio Lilia ad esempio) a Rionero e Monticchio (entrambe in provincia di Potenza).

L’anno scorso si è già chiuso con chiusure e tagli. La rete vendite è stata ridotta con la chiusura ad agosto del centro di Campogalliano (Modena) che gestiva i rapporti con i clienti e il trasferimento delle funzioni e di parte del personale nella sede centrale a Buccinasco (Milano), tagliando 57 posti. In più sulla rete vendite è arrivato un taglio complessivo di circa 150 posti in tutta Italia.

Già a dicembre la proprietà italiana e i sindacati si erano accordati per un tavolo di confronto al ministero dello Sviluppo. Un tavolo non ancora convocato. «Dopo le notizie degli ultimi giorni la convocazione è ancora più urgente – spiega Marco Bermani, segretario nazionale della Flai Cgil che segue la Coca Cola -. Come Italia abbiamo già pagato l’anno scorso. La speranza è quindi quella che Coca Cola questa volta non ci tocchi», chiude Bermani. Una speranza legata soprattutto all’Expo di Milano che parte a maggio: la Coca Cola è una dei più grandi sponsor e avrà uno dei più grandi stand.