Fa discutere molto la «Coalizione sociale» di Landini, che sabato scorso ha avuto il battesimo della piazza a Roma.

Il dizionario per coalizione intende, per esempio, una «unione, per lo più temporanea, tra gruppi, partiti o stati per il conseguimento di vantaggi comuni», oppure un «ragruppamento inteso a fronteggiare un avversario comune». Le parole del leader della Fiom in piazza – il governo Renzi è peggio di quello Berlusconi – sembrano più sintonizzate con il secondo di questi significati, individuando nel presidente del consiglio il «nemico principale». Dubito che sia giusto e opportuno, però sicuramente è chiaro.

Ma Landini, e con lui Stefano Rodotà, hanno sottolineato che questo «raggruppamento» ha l’ambizione in primo luogo di riunire espressioni dell’associazionismo con forti motivazioni etiche ( assistere i malati in situazione di guerra e di povertà, combattere le mafie ), e realtà del lavoro, del non lavoro, del lavoro autonomo e delle professioni oggi poco o per niente rappresentate dalla politica istituzionale (e anche dai sindacati), guardandosi bene dal mettersi a capo di qualche ulteriore progetto di «nuovo soggetto politico» con gli spezzoni di ceto politico sopravvissuti nell’area a sinistra del Pd.

Marco Bascetta su questo giornale ha rilevato come nel progetto di Landini possa essere colta l’ambizione di una ricerca politica più radicale, capace di tener conto delle profonde trasformazioni avvenute nel mondo del lavoro e nel «mondo della vita», con il completo venire meno dei presupposti che hanno fondato per una intera epoca l’articolazione della politica tra partiti e sindacati. Per lui resta aperta una possibilità di agire per una nuova forma-sindacato, col grande rischio di ricadere comunque – specialmente nell’Italia dei nostri giorni – in soluzioni neocorporative.

Sorprende – in Landini e Bascetta, come in molti altri che intervengono sul manifesto – quest’ottica binaria che vede la possibilità di una alternativa a Renzi e al sistema politico dato unicamente o sul piano della rappresentanza partitica (il «nuovo soggetto politico») o su quello, di fatto, della rappresentanza sindacale (le nuove Unions evocate in piazza a Roma).

Viviamo infatti nell’epoca in cui un movimento politico ormai del tutto globale, che non ha mai praticato né la politica dei partiti né quella dei sindacati – parlo del femminismo – ha cambiato il mondo.

Intervenendo recentemente a un convegno sulla rappresentanza sindacale – a cui Landini era presente – Lia Cigarini ha osservato come la divisione sessuale del lavoro (il lavoro «produttivo» che oscura quello necessario alla riproduzione, cura e manutenzione della vita di tutti) se riconosciuta cambi il modo di vedere le soggettività e la libertà: «Nei nuovi soggetti lavoro e vita si intrecciano in forme e misure inedite nella storia: sono soggetti in carne e ossa che non possono e non vogliono più dividere tempo di vita e tempo di lavoro, bisogni, necessità e desideri. Vogliamo lasciare che tutto ciò sia colonizzato dal neoliberismo onnivoro?».

L’alternativa allora è la ricerca di una pratica politica capace di riconoscere e connettere – di coalizzare – queste singole soggettività, oltre l’individualismo neoliberale, ma anche oltre gli equivoci identitari o corporativi dei partiti e dei sindacati finora esistiti.

A meno che la coalizione di Landini meriti una spiegazione molto più semplice e contingente: un movimento che (forse) aiuterà il leader della Fiom a vincere il prossimo congresso della Cgil.