L’espressione «coalizione sociale» era vietata, tanto che lo stesso Maurizio Landini ci ha scherzato sopra: «Uso la parola organizzazione sociale, sennò creerei dei problemi». Però è vero che quello che andato in scena ieri pomeriggio al piccolo Auditorium di via Rieti a Roma è la prima tappa della coalizione sociale – con freelance e “sciopero sociale” a parlare di Jobs act e nuovo statuto dei lavoratori.

E allo stesso tempo è stata la prima occasione di dialogo fra Fiom e Cgil dopo lo scontro di questi giorni – con la segretaria confederale Serena Sorrentino seduta di fianco a Landini a confrontarsi su posizioni vicine sul merito delle questioni e non inconciliabili sul piano del metodo del lancio della coalizione sociale.

Un dialogo che va di pari passo alla volontà delle due parti di non dividersi in vista della manifestazione del 28 marzo tanto che lo stesso segretario confederale organizzativo Nino Baseotto ha mandato ai territori una lettera per «favorire la partecipazione».

Una volontà che la Fiom dimostra seguendo – o avendo già concordato con lui – la proposta lanciata martedì da Sergio Cofferati nell’intervista al Manifesto: saranno individuati almeno due dirigenti che avranno come compito quello di seguire il progetto di coalizione sociale, togliendo dall’impegno diretto e continuo Maurizio Landini.

Lo stesso segretario della Fiom è cosciente che seguire tutto in prima persona è impossibile e – in chiave mediatica – controproducente: meglio far maturare il progetto in maniera più compassata e lontano dalle telecamere lavorando con chi si è già detto interessato – Arci, Emergency, organizzazioni dei precari e freelance – e puntando ad allargare il numero di associazioni fissando obiettivi e azioni precise su questioni ben definite e circoscritte, recuperando ad esempio anche Libera. I nomi dei due rappresentanti ancora non ci sono, ma la decisione è presa e verrà ufficializzata a breve.

Come detto l’occasione di confronto è stata data dal convegno dal titolo “Contrasto al Jobs act: proposte e iniziative per un nuovo statuto dei diritti di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori”. Un tema che riuniva una nutrita pattuglia di giuslavoristi da sempre vicini alla Fiom (e facenti parte della consulta giuridica della Cgil) con il mondo del lavoro autonomo e dei free lance.

Un incontro quasi storico che ha visto per la prima volta ad un convegno sindacale intervenire la presidente di Acta (l’associazione dei freelance) Anna Soru e il giovanissimo Alessandro Torti, di Clap, le Camere del lavoro autonomo e precario. E se Torti è stato assai applaudito specie quando ha ricordato Occupy Bce a Francoforte o quando ha proposto «un reddito di base incondizionato e la redistribuzione delle ore di lavoro», definita «una politica riformista radicale» oppure «il tasso di ideologia con cui finora il sindacato ha affrontato il tema dei precari e dei lavoratori autonomi», anche Anna Soru ha strappato applausi sebbene non abbia risparmiato attacchi al sindacato: «Abbiamo posizioni diverse, a noi ad esempio la contrattazione non interessa, ma su obiettivi chiari e concreti come l’estensione della malattia o della disoccupazione per tutti i lavoratori si può lavorare assieme».

Nel suo intervento Landini ha riecheggiato la coalizione sociale quando ha spiegato i due strumenti per contrastare il Jobs act. Se quello della contrattazione è «molto difficile perché le imprese si stanno organizzando per tenersi quel ben di dio che il governo gli ha dato», la seconda – il referendum abrogativo – «viene votato da tutti e proprio per questo il sindacato deve allargare il suo consenso per portare il paese dalla nostra parte e vincerlo».

Il segretario Fiom ha poi ammesso di essersi convertito al reddito di base – «anni fa come tutto il sindacato ero contrario perché non capivo come uno poteva essere pagato per non lavorare» – «una partita che finalmente vogliamo vincere», mentre punta «a definire i minimi salariali nei contratti in modo da usarli come salario minimo orario per tutti i lavoratori, anche autonomi». Il nuovo statuto dei lavoratori deve rimanere «la traduzione dei diritti di cittadinanza presenti nella costituzione» e «deve tenere assieme tutti coloro che per vivere devono lavorare, tante condizioni diverse che sarà difficile riunificare ma che dobbiamo riuscire a fare».

Landini non ha sentito le risposte di Serena Sorrentino perché era già partito per Milano per partecipare alle Invasioni barbariche. Ma non si sarebbe sorpreso nel trovarle molto vicine a quelle della Fiom. Il segretario confederale con delega al lavoro ha rivendicato come «sia stato il direttivo della Cgil a lanciare la proposta di un nuovo statuto dei lavoratori». «Uno statuto che deve riunificare lavoro pubblico e privato, lavoratori delle imprese sopra i 15 dipendenti e sotto i 15, che deve ridefinire il concetto di subordinazione e le tipologie contrattuali». Accanto a questo, per Sorrentino servono altri due statuti: «quello del lavoro autonomo e del lavoro professionale». L’accettazione del «salario minimo arriverebbe dall’applicazione dell’articolo 39 della costituzione: l’estensione erga omnes a tutti i lavoratori dei contratti nazionali».

L’unico piccolo momento di tensione si è avuto quando Sorrentino ha detto: «Quello che non condividiamo è la trasformazione del soggetto che vuole costruire il consenso nececssario a battere il Jobs act». Dalla platea il segretario nazionale della Fiom Rosario Rappa ha domandato: «E chi l’ha detto?». Al che Sorrentino ha specificato: «Nessuno ha negato la funzione politica del sindacato, l’equivoco che attraversa il dibattito è l’ambivalenza dell’autonomia dai partiti».

Un dialogo che conferma come la soluzione del contenzioso tra Fiom e Cgil sta nel legare al livello sindacale l’operazione “coalizione sociale” e nel trovare il modo di cancellare le ambiguità di chi – volutamente e strumentalmente nella grande maggioranza dei casi – ancora continua a sostenere che Landini voglia costruire un partito.