Venti ore dopo la celebrazione dell’accordo di coalizione in cui «si vede la mano dei socialdemocratici», Martin Schulz è alle prese con la rivolta nel partito. Gli eletti al Bundestag gli rinfacciano di aver pensato al destino personale prima che al futuro della Spd, proprio alla vigilia del referendum degli iscritti previsto entro fine mese. C’è chi gli chiede, senza mezzi termini, di fare un passo indietro, e chi prima taceva e ora parla.

TUTTO A PORTE CHIUSE ma con voci passanti oltre la soglia anche della normale dialettica politica. Di pubblico dominio grazie alle rivelazioni della stampa, esattamente come la lista dei ministri Spd dove spicca il vice-cancelliere Olaf Scholz neo ministro delle finanze . Mentre le notizie storiche rischiano di passare in sordina: se Schulz «girerà» la segreteria della Spd alla capogruppo Andrea Nahles, per la prima volta dopo 153 anni sarà una donna a guidare il partito socialista tedesco.

La riunione privata del gruppo parlamentare Spd di mercoledì «intercettata» da Die Welt restituisce il clima intorno a Schulz in veste di ministro degli esteri. Nel meeting nessuna divergenza sull’accordo con la Cdu ma critica alle ambizioni del segretario. Il leader del partito in Sassonia, Martin Dulig, implora: «Ti chiedo, Martin, di riconsiderare il tuo ruolo nel governo». Così deputati di Bassa Sassonia, Nordreno-Vestfalia, Assia mai sentiti prima, senza contare gli Jusos disobbedienti già alla Groko. Per questo è già partita la successione.

LA FUTURA SEGRETARIA è iscritta a Ig-Metall ma anche ad Attac; sostiene l’energia di Eurosolar mentre presiede gli «Amici del Brandt-Center» di Gerusalemme e la scuola di formazione Spd. Nel curriculum, il cursus richiesto a chi aspira alla carica pubblica, compreso il ministero del lavoro guidato fino al 2017.

EPPURE LA CHIAVE del successo di Andrea Nahles, 47 anni, cattolica, non sta nella gavetta perfetta ma nell’avere convinto – in appena sette minuti – il 56% dei delegati del congresso di Bonn a votare la «Realpolitik» di Schulz. Da quel momento Nahles è diventata segretaria sul campo, in supplenza al leader condannato dalle proprie parole: da «non farò l’alleanza con Merkel» a «mai in un governo a guida Cdu».

Al di là della credibilità personale, la successione nella Spd assolve al «ricambio generazionale» richiesto dalla maggioranza del partito e accelerato dalla partecipazione di molti dirigenti al governo.

Ma la svolta si rende necessaria anche a sovvertire i sondaggi, che ieri fotografavano i socialisti a meno 2,5% rispetto alle elezioni del 24 settembre. In attesa di capire se e di quanto la linea-Nahles differirà da quella di Schulz e quale sarà il risultato del voto regionale, a cominciare dalla Baviera, alle urne in autunno.

NEL NUOVO GOVERNO Merkel, invece, il primo uomo della Spd resta Olaf Scholz: a lui è affidato il ministero delle finanze «strappato» alla Cdu. Dovrà mettere a bilancio i nuovi fondi per l’Europa e i dodici miliardi di euro per la fibra ottica rottamando il debito-zero imposto da Wolfgang Schäuble. L’indole, però, appare in linea con il predecessore.

ALLA WILLY BRANDT HAUS, quartier generale della Spd a Berlino, si dice che il carattere del futuro vice-cancelliere oscilli tra sicurezza e arroganza. Ma anche che sia il miglior tattico a disposizione del partito e il vero artefice dell’accordo sui dicasteri «pesanti» incassati dai socialisti.
Classe 1958, dal 2011 Scholz è il sindaco-governatore della città-stato di Amburgo (che ora dovrà tornare a votare), dopo aver ricoperto la carica di segretario generale Spd dal 2002 al 2004 e di ministro del lavoro nel primo governo Merkel fino al 2009. I socialdemocratici non lo amano particolarmente: all’ultimo congresso è risultato il dirigente con il peggior indice di gradimento (59%).
Senza contare la fama da «sindaco-sceriffo» di cui gode nella sinistra, dopo un lustro di «guerra» ai centri sociali di Amburgo e la militarizzazione del G-20.

TUTTAVIA, SCHOLZ è la figura perfetta per l’incarico assegnato, anche se ufficialmente non ha ancora accettato. Zero conferme fino al referendum degli iscritti, è il diktat impartito dai vertici della Spd. Vale anche per la successione a Martin Schulz che verrà annunciata solo dopo il referendum sulla Groko degli iscritti.