«È una storia che si muove su molti livelli, anche se il quadro principale di riferimento è quello del genere: il thriller». Così Jodie Foster definisce il suo Money Monster ,che porta a Cannes a cinque anni dal suo lavoro precedente, The Beaver, e quarant’anni dopo il debutto sulla croisette di Taxi Driver. «All’epoca avevo solo dodici anni ma ricordo che era tutto molto diverso, più caotico. Non esisteva ancora il Palais, e c’erano fotografi ovunque», racconta la regista e attrice che esordì proprio con il film di Martin Scorsese vincitore della palma d’oro. Con lei ci sono i protagonisti del suo film: George Clooney nei panni di Lee Gates,il presentatore di un immaginario programma televisivo sulla finanza che dà il titolo al film, Julia Roberts – alla sua prima volta a Cannes – che interpreta la regista dello show e il giovane attore inglese O’Connell Jack che nel film è Kyle, il ragazzo che prende in ostaggio tutta la troupe. «Un personaggio molto difficile il suo – osserva Jodie Foster – perché è profondamente instabile e sfaccettato. Incarna la rabbia di molte persone nei confronti degli abusi del sistema finanziario, e per essere state abbandonate». E c’è anche Dominic West, che interpreta il malvagio banchiere senza scrupoli: «Ho accettato subito dopo aver letto la sceneggiatura perché a Hollywood non si vedono molti atti d’accusa contro le responsabilità delle banche. Solo in seguito ho scoperto che il banchiere sarei stato proprio io».

Le dichiarazioni più politiche, come sempre, arrivano però da George Clooney, la star hollywoodiana che un giornalista iraniano dice di vedere come il futuro presidente degli Stati uniti. «Questo significa molto detto da uno che viene dall’Iran!», scherza lui.

Secondo il regista di Good Night and Good Luck – il film sul maccartismo – Money Monster, in particolare per quanto riguarda il ciarlatano televisivo da lui interpretato, «è un film sull’attraversamento del confine tra informazione e intrattenimento». «Le notizie – sottolinea l’attore – , non dovrebbero essere concepite come fonte di guadagno ma solo allo scopo di informare: è ad altri tipi di programmi e show che spetta portare soldi alle reti televisive». E il film di Jodie Foster incarna per lui proprio «il nostro esserci abituati all’idea che un imbecille può andare in tv a dire alle persone come investire i propri soldi. E poi loro, nella vita reale, si trovano a perdere tutto quello che hanno».

La regista, che in più di un’occasione ha sottolineato di essersi ispirato per Money Monster soprattutto ai film di Sidney Lumet, riflette su come a Hollywood «i film di genere non si vedono più tanto spesso. Opere che fanno pensare e allo stesso tempo sono puro divertimento. Non c’è bisogno di scegliere tra l’una e l’altra cosa, si possono fare entrambe». Aggiunge anche che il suo è senza dubbio un film politico, ma che non lo vede come un endorsement di Bernie Sanders. «Più che altro il tema di Money Monster ha a che fare con Donald Trump».

Ed è proprio verso il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati uniti che George Clooney usa le parole più dure. «Trump è per molti aspetti il risultato delle politiche di molti programmi di informazione, che non pongono mai domande incisive. I loro ascolti salgono perché offrono solamente un podio vuoto sul quale annunciano che Donald Trump sta per parlare». Ma l’attore resta ottimista: «Trump non verrà eletto presidente. Il nostro paese non sarà guidato dalla paura. Non temiamo i rifugiati, i musulmani, né le donne. Non ci mostreremo impauriti di fronte a nulla».