Chissà se Zdenek Gazda non finirà nei libri di storia. Non ha ucciso, diversamente da Lee Oswald, un presidente, né, diversamente da Shiran Shiran, un aspirante presidente. Ma un giorno potrebbe essere ricordato alla stessa stregua, come colui che ha fatto fuori una probabile presidente. Metaforicamente, certo.

Ma con conseguenze, rispetto al corso della storia, non dissimili da un omicidio politico. Per ora il cinquantenne del New Jersey, che i siti trumpisti incoronano come “citizen journalist” eroico e patriota, assurge agli onori della cronaca mondiale per aver catturato gli istanti drammatici di Hillary circondata dagli agenti della scorta, le gambe che le vengono meno, una scarpa che le scappa via, e poi lei presa di peso e messa sulla Suv nera.

Immagini che in altri tempi, prima dell’era dei social media, sarebbero rimaste custodite solo nella memoria di Zdenek Gazda e di qualche altro passante, ma che adesso fanno il giro del mondo, aprendo il varco a ipotesi d’ogni genere e perfino a scenari che nessuno avrebbe mai preso in considerazione, compreso quello di una candidatura alternativa a quella di Hillary Clinton.

Saltare a simili conclusioni è naturalmente insensato, oltre che irriguardoso nei confronti di chiunque si trovi nelle condizioni in cui è Hillary Clinton. Eppure il fatto stesso che il tema sia già preso in considerazione, dà l’idea della serietà di quanto è accaduto domenica a Manhattan, quasi al termine della commemorazione, la quindicesima, dell’11 settembre.

Perché il breve filmato di Zdenek Gazda potrebbe risultare fatale per le ambizioni presidenziali di Hillary, anche se tornerà, come si presume, abbastanza presto ai suoi impegni di candidata?

Ancora una volta la reticenza sua e del suo staff (sulle sue condizioni di salute: la polmonite che è causa del collasso di domenica era stata diagnosticata da diversi giorni) alimenta e rinfocola l’ormai già abbondante aneddotica sulla segretezza che circonda il clan Clinton e sulla loro ossessione di controllare meticolosamente tutte le informazioni che escono dal loro giro. Il rapporto con la stampa non è ideale, quest’episodio sembra confermarlo. Se Trump è volgare e aggressivo con i giornalisti che non sono di suo gradimento, Hillary dà l’impressione di coprire lati oscuri che non vanno assolutamente svelati.

Anche per questo lo scandalo delle email nel periodo di guida del dipartimento di stato è andato molto oltre il suo merito reale per diventare una saga infinita alimentata non solo dagli avversari ma anche dal fronte “amico”. Il fatto che nel corso degli ultimi nove mesi non abbia tenuto una conferenza stampa aperta ha contribuito a nutrire la narrativa di una Hillary blindata, che custodisce chissà quali segreti. Così l’improvvisa uscita dalla scena, più che un moto di simpatia, suscita un’ondata di domande indiscrete con un tasso di disumana intrusione che difficilmente può essere giustificata con il suo essere un’aspirante presidente degli Stati uniti.

Certo, l’interesse morboso è dato anche dal fatto che tutto avviene in una fase delicata del confronto con Trump. I sondaggi li danno ormai virtualmente appaiati, anche in alcuni degli stati chiave in bilico. A questo s’aggiunge la vera incognita che è quella costituita dall’elevata quota di elettori indecisi. È chiaro che l’eclissi di Hillary, anche se temporanea, può avvantaggiare il suo avversario proprio nel lavoro di penetrazione nell’area degli incerti. E Trump è un avversario pronto a usare con la massima cinica disinvoltura anche lo stato di salute di Clinton.

Apparentemente ha rivolto a Hillary le parole di buona educazione che si hanno in queste circostanze, lasciando però scivolare una delle sue frasi perfide e insinuanti con cui mafiosamente si rivolge all’avversaria quando non l’offende apertamente. “Something is going on..”, ha detto, “Sta succedendo qualcosa…”, già, che cosa oltre al fatto che si è sentita male? Poi, parlando con Fox, ha annunciato che la salute sarà una questione elettorale, cioè la sua, che presto renderà nota, e quella di Hillary, immortalata dall’eroico Zdenek Gazda.

Si profila un finale di campagna spietato, da parte di Trump. Con quali effetti? Quello di rafforzarne la posizione? O, al contrario, di produrre un moto di solidarietà e simpatia per Hillary in quei settori democratici ancora riluttanti nei suoi confronti, ancora recalcitranti a votare per lei? E anche nei settori di elettorato indipendente che continuano a non fidarsi di Hillary ma ancora meno di un possibile presidente come The Donald?

Si conosceranno meglio nei prossimi giorni le condizioni di salute di Hillary, la prognosi e la durata della convalescenza. Nel frattempo saranno attivi in giro a fare campagna i suoi cosiddetti “surrogati”, Barack e Michelle Obama, Bill Clinton, Bernie Sanders, Elizabeth Warren, Joe Biden. Quest’ultimo sarà un “sorvegliato speciale” da parte dei media, già in grande fermento nel prefigurare lo scenario peggiore, di una Hillary effettivamente non più in grado di correre. Scenario per ora fantapolitico ma non scevro dalle più creative congetture, come appunto quella di un suo ritiro e di una possibile candidatura di Biden.