I servizi di Petrolio hanno raffinato crudamente la Clinica Ginecologica. Brucia sugli schermi di RaiUno l’immagine accademica della sanità eccellente. E riesplode la guerra nella “cittadella della salute” di via Giustiniani, mentre l’Ateneo ammutolisce di fronte alle inchieste di Procura, Azienda ospedaliera e Ordine dei medici.

Due video inequivocabili, che il procuratore Matteo Stuccilli deve acquisire sull’onda del commento in diretta di Raffaele Cantone. «Ma questa è concussione» sbotta il presidente dell’Anticorruzione, mentre si sente Pietro Litta, professore associato, chiedere 2.000 euro per far saltare la lista d’attesa di un intervento tutt’altro che urgente.

Nell’altro, la ricercatrice confermata Alessandra Andrisani (fresca di nomina al vertice del Centro di Procreazione assistita al posto del marito Guido Ambrosini) ottiene 140 euro di parcella “in nero”.

È la spietata radiografia morale della Clinica Ginecologica, che fin dall’epoca in cui era diretta dal professor Antonino Onnis ha rappresentato un bel “problema”. Del resto, negli ultimi dieci anni non sono mancati i titoli cubitali in prima pagina proprio fra le sale operatorie e le provette della fecondazione.

Si comincia l’8 novembre 2007 con il registro di un taglio cesareo complesso. Antonio Ambrosini (direttore della Clinica universitaria) risulta presente in sala operatoria, anche se è ospite al nono piano dell’hotel Le Royal Meridien di Shanghai alla cena della Società italiana di ginecologia. Si innesca così una lunga battaglia a colpi di carte bollate, destinata a proseguire perfino dopo il pensionamento anticipato del professor Ambrosini.

Nell’estate successiva, tocca al figlio Guido: viene indagato dalla Guardia di finanza per l’utilizzo di cateteri – prodotti dall’azienda Cga di Firenze – nell’inseminazione artificiale. Secondo l’accusa nel rinvio a giudizio, il dispositivo era destinato al solo uso veterinario con i cavalli. Ma il giudice Nicoletta Stefanutti sentenzierà l’assoluzione con formula piena anche per il reato di turbativa d’asta.

Nel 2009, invece, affiora un clamoroso scambio di provette negli ambulatori Pma. Una donna di 33 anni deve ricorrere alla pillola abortiva, dopo aver scoperto di esser stata inseminata non con lo sperma del marito. Procedure difettose, semplice distrazione, mancato controllo incrociato? Resta la causa milionaria di risarcimento danni.

E nel 2013 si riparte dalla Fivet, fecondazione in vitro di terzo livello. Prestazioni che secondo la circolare della direzione sanitaria costano 400 o 700 euro, a seconda della tecnica utilizzata. Le Fiamme Gialle denunciano alla Corte dei Conti per due milioni di euro di mancati incassi Ambrosini padre e figlio, che si limitavano in 1.700 casi a far pagare un semplice ticket da 36 euro e 15 cent. Il gip Domenica Gambardella nell’estate 2016 certifica la prescrizione nei confronti di Antonio Ambrosini, mentre dispone che il pm Roberto D’Angelo approfondisca i casi successivi al 2009: riguardano le attività cliniche gestite da Guido Ambrosini e dalla moglie Alessandra Andrisani.

Insomma, la Clinica Ginecologica è da sempre sotto i riflettori. Ma, almeno finora, l’Università preferisce lasciare all’Azienda ospedaliera le conseguenze sul fronte dell’assistenza sanitaria. Eppure è datato 30 gennaio 2006 il protocollo con cui la Regione Veneto sollecitava l’integrazione dell’Ateneo in un’unica struttura, come puntualmente già accaduto a Verona al contrario di Padova.

E nel 2008 cadde nel vuoto perfino l’appello lanciato da Ermanno Ancona, ordinario di Chirurgia ed ex vice-sindaco, ai colleghi della Facoltà di Medicina: «Non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia e dire che non esiste la questione etica. Non è la prima volta che alcuni colleghi aprono le porte dei propri gruppi di lavoro a figli o altri discendenti stretti, creando per loro un percorso accademico agevolato rispetto agli altri comuni collaboratori. Ebbene è giunto il momento per dire che questo costume deve essere allontanato dalla Facoltà prima di diventare uno degli argomenti di scandalo».

Con Petrolio è riesploso lo scandalo della Clinica Ginecologica. Dovrebbe alimentare, finalmente, un dibattito pubblico a tutto campo. Se non altro perché il valore della produzione del servizio sanitario pubblico vale più di un miliardo di euro all’anno. È la vera Grande Fabbrica di Padova…