«Chi rotolerà via la pietra del sepolcro?» E’ la domanda che campeggia sopra il portone della chiesa della Resurrezione. Una chiesa di frontiera in una quartiere di frontiera, quello della Cita, che sorge nella periferia di Marghera che a sua volta è la periferia di Venezia. Alti palazzi condominiali con le finestre che da un lato si affacciano sopra la stazione di Mestre e dall’altro spaziano sino a quel che rimane di quella laguna che era dei dogi.

Ed è proprio dal sagrato di questa chiesa di frontiera che salirà la marea delle mobilitazioni contro il G20, che si svolgerà nel capoluogo veneto da giovedì 8 a domenica 11 luglio. La marea, lo sa bene chi è nato in laguna, fa tanti danni e non si ferma davanti a niente. Mose compreso. Per questo, le attiviste e gli attivisti che stanno preparando le mobilitazioni hanno scelto come nome della loro piattaforma: «We are tide. You are only (G)20». «Noi siamo la marea, voi siete solo (G)20».

La pietra sepolcrale che la marea si augura di rotolare via, è quella ben nota dei 2 miliardi di persone al mondo che non hanno assistenza sanitaria e neppure accesso all’acqua potabile e non avranno voce in questo summit. Oppure dell’1% più ricco della popolazione che possiede metà della ricchezza globale. O, se preferite una chiave ambientalista, del 10% del mondo che è responsabile di oltre metà delle emissioni climalteranti. Tutte pietre per le quali il G20 proporrà ricette che, spiega We Are Tide, non sono soluzioni ma parte integrante del problema. Esattamente come il Mose. E come la marea, la mobilitazione parte da lontano ed investe tutto ciò che è movimento. Domenica pomeriggio, grazie all’ospitalità di don Nandino Capovilla, personaggio bene noto nel veneziano per le sue battaglie a favore del popolo palestinese, sul sagrato della chiesa della Resurrezione, si sono dati appuntamento Fridays For Future, No Grandi Navi, centri sociali, rappresentanti di associazioni ambientaliste e anche di formazioni politiche come i Verdi.

Una assemblea di avvicinamento al G20 che ha l’obiettivo di far partire quella marea che non si fermerà a Venezia ma investirà le piazze di tutte le altre città che ospiteranno gli incontri del G20, a partire da Napoli e sino al summit vero e proprio, che si svolgerà a Roma questo autunno. E avanti ancora, sino alla Pre Cop sul clima di Milano di fine ottobre. Perché è proprio quella per il clima la battaglia da combattere. “Le numerose crisi sistemiche che si sommano, ultima quella della pandemia, sono solo un sintomo della più vasta crisi climatica – ha spiegato Anna Clara Basilicò, di We Are Tide – Il G20 rappresenta gli Stati con le economie più ricche a livello planetario e pretende di ricondurre il mondo a quel sistema neoliberista che ha eliminato i diritti dal suo vocabolario, costruendo un divario sempre maggiore tra ricchi e poveri, svilendo ogni processo democratico.

Lo strumento che il G20 propone è quello della finanza che ha garantito solo profitti per pochi a scapito dei diritti di molti. Dietro a formule come ‘transizione ecologica’, si nasconde un tentativo di rilanciare l’economia fossile, investendo ancora più miliardi in grandi opere inutili e dannose. Ma questa non è la soluzione. E’ il problema”.
Un processo che va a pari passo con la militarizzazione sempre più massiccia cui assistiamo nelle nostre strade. Durante il G20, non sarà militarizzata solo l’area dell’Arsenale, dove si svolgerà il summit, ma l’intera città che sarà dichiarata Zona Rossa. Nelle calli saranno sistemati tornelli identificativi, nei campi, posto di blocco militari. I canali saranno presidiati da moto d’acqua.

Ogni manifestazione vietata per ragioni di sicurezza. «Proprio per questo la nostra risposta dovrà essere forte – conclude Sebastiano, giovane attivista di We Ara Tide -. Sabato 10 saremo tutti alla Zattere, che sono state il teatro di tanti manifestazioni contro le Grandi Navi. E da qui partirà un corteo con l’obiettivo dichiarato di violare la zona rossa». La pietra da far rotolare è davvero pesante.