Il benessere della terra è la chiave per la salvaguardia del Pianeta. A livello globale, gli impatti climatici sui suoli sono già molto seri: in alcune regioni, le ondate di caldo e la siccità sono diventate più frequenti e intense, compromettendo, tra le tante altre cose, anche la sicurezza alimentare. Gli effetti del cambiamento climatico, quali il riscaldamento globale, gli eventi meteorologici estremi più frequenti e più intensi, la carenza d’acqua, l’innalzamento del livello del mare, il degrado del suolo, la distruzione degli ecosistemi e la perdita di biodiversità condizionano ormai la vita di tutti i giorni e arrivano sulle nostre tavole. Già nel 2015, l’Agenzia Europea per l’Ambiente metteva in guardia dal rischio rappresentato dal cambiamento climatico per la sicurezza alimentare, evidenziando possibili modifiche alle produzioni agricole europee nelle diverse zone climatiche: dalle minori rese, principalmente per colture a ciclo primaverile-estivo, all’espansione verso Nord degli areali di coltivazione di alcune colture, dall’aumento dei fabbisogni idrici ai cambiamenti delle proprietà nutrizionali dei cibi per eccesso di CO2, dalla diffusione di specie invasive alla diversa disponibilità di pascoli e foraggio per l’allevamento fino agli impatti negativi su produttività, crescita, sviluppo e riproduzione degli animali da reddito, sottoposti a stress da caldo per lunghi periodi dell’anno.

In occasione della Giornata Internazionale dell’Alimentazione, che si è celebrata lo scorso 16 ottobre, il Wwf Italia ha lanciato il report “2021 effetto clima: l’anno nero dell’agricoltura italiana” (www.wwf.it) che mette in luce come il clima abbia inciso drammaticamente sulla produzione di alcuni prodotti tipici del nostro territorio.

Nel 2021 la produzione agricola italiana ha registrato cali considerevoli con punte fino al 95% per il miele e all’80% per l’olio in alcune regioni del centro-nord. Il 2021 è celebrato dalla Fao come l’anno internazionale della frutta, ma questa ricorrenza sta coincidendo con quello che viene definito da molti “l’anno nero dell’ortofrutta italiana”. Il tutto con possibili ripercussioni anche sulla disponibilità di prodotti agro-alimentari con conseguenti probabili aumenti del prezzo di frutta e verdura.

Il report del Wwf evidenzia come nella regione mediterranea il riscaldamento superi del 20% l’incremento medio globale della temperatura, rendendo il nostro Paese particolarmente vulnerabile rispetto agli effetti del cambiamento climatico. L’Italia, del resto, ha appena attraversato il decennio più caldo della sua storia. Si registra un incremento di oltre 1,1°C della temperatura media annua nel periodo 1981-2010 rispetto al trentennio 1971-2000 e gli ultimi anni sono stati caratterizzati da incrementi di temperatura piuttosto elevati. Con circa 1500 eventi estremi, il 2021 fa registrare in Italia un aumento del 65% di nubifragi, alluvioni, trombe d’aria, gelate, grandinate e ondate di calore rispetto agli anni precedenti. Oltre al già richiamato crollo della produzione di miele, secondo i dati raccolti dal Wwf, diverse colture sono state penalizzate: la frutta vede un calo medio del 27%, per cui in pratica più di un frutto su quattro è andato perduto. Drammatica la perdita registrate dalle pere, con picchi intorno al 70% in meno, ma anche dal riso con -10% e dall’uva da vino che in alcune regioni ha subìto cali fino al 50%. Le stesse filiere di trasformazione sono state messe in crisi: il caldo torrido di questa estate ha accelerato la maturazione del pomodoro, superando la capacità logistica per raccoglierlo, trasportarlo e lavorarlo per cui alla fine il 20% del raccolto è andato perduto. Tutto il sistema alimentare, del resto, è fortemente condizionato dal cambiamento climatico: produzione, distribuzione e costi sono sensibili al meteo estremo e alla qualità di suolo e acqua. Nell’Italia meridionale stiamo già assistendo al fenomeno di “tropicalizzazione” che spinge verso la sostituzione di coltivazioni di prodotti tradizionali con coltivazioni di frutti esotici, trend ormai in atto e che si stima raddoppiato negli ultimi tre anni. Al tempo stesso produzione, distribuzione e consumo di cibo sono cause dirette del cambiamento climatico contribuendo per circa il 37% alle emissioni di gas serra (un terzo per sprechi alimentari, fenomeno in costante crescita).

La crisi climatica sta quindi minacciando la capacità produttiva dei sistemi agricoli a livello globale, compromettendo la loro capacità di nutrire adeguatamente l’umanità. È necessario affrontare questo cambiamento in maniera coerente e anche i nostri comportamenti sono determinanti per cui il Wwf nel report presentato propone un decalogo con semplici suggerimenti per dare un contributo alla battaglia per la sostenibilità anche indirizzando il mercato alimentare.

* vicepressidente Wwf Italia